«Un attentato alla salute» «È la nostra tradizione»

Favorevoli e contrari si scontrano sull’antica e molto radicata cerimonia Zanetti: non più di uno ogni 30 mila abitanti. Saramin: basta stare attenti
Colucci - Dino Tommasella - San donà di P. - Saramin Gianni
Colucci - Dino Tommasella - San donà di P. - Saramin Gianni
SAN DONÀ. Gli ambientalisti sono contrari nettamente ai panevin, a differenza di chi è legato alle tradizioni e li difende a spada tratta. E per dimostrare le pericolosità di quello che sprigionano hanno svariati esempi che arrivano dal passato in cui i controlli erano abbastanza rari e comunque l’atteggiamento generale delle amministrazioni era di tollerare le usanze.


I panevin, casere o “vecie” che siano stanno per essere accesi a migliaia nella provincia di Venezia, dove la tradizione è molto radicata. Soprattutto nelle campagne, ogni famiglia celebra il suo rito sospeso tra il sacro e, soprattutto, il pagano. Nel panevin si bruciano tutti i ricordi negativi di un anno che se ne è andato, ma anche tanti rifiuti. Per questo le associazioni ambientaliste li condannano senza appello e pensano alla salute dei cittadini che resta la cosa più importante al di là di polemiche e contrasti con i tradizionalisti.


«I panevin sono altamente inquinanti», afferma Michele Zanetti, ex agente della polizia provinciale e da anni ai vertici dell’associazione naturalistica sandonatese, «non è un mistero cosa sia stato bruciato in questi anni nelle casere. Pneumatici, oli esausti, bidoni, nella migliore delle ipotesi stoppie di mais. Se la pressione è bassa, il giorno seguente si respira fumo. E questo equivale a dire sostanze cancerogene e pericolosissime per il nostro organismo, addirittura diossine se vengono bruciate delle plastiche. I così detti “panevin sociali”, organizzati da grandi gruppi e associazioni o amministrazioni comunali possono essere tollerabili, uno ogni 30 mila abitanti, ma sono quelli incontrollabili nelle campagne o nelle frazioni che divengono una sciagura per il territorio e l’aria che respiriamo. Ecco perché andrebbero eliminati per i rischi che comportano».


Giovanni Cagnassi


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