Uccise l’anziana suocera pena di sei anni e mezzo
SPINEA. Sei anni e sei mesi, questa la pena alla quale è stata condannata Massimiliana Cherubin, la donna di Spinea che aveva confessato l’omicidio della suocera e il sequestro di persona e i soprusi nei confronti della figlia. Il giudice veneziano Antonio Liguori ha sostanzialmente accolto le richieste del pubblico ministero Lucia D’Alessandro, praticando uno sconto di pena sostanziale sia per aver riconosciuto un parziale vizio di mente dell’imputata sia quello per il rito abbreviato scelto dai difensori, gli avvocati Andrea e Luciano Faraon.
Per la rappresentante dell’accusa, la donna di Spinea che aveva confessato di aver ucciso la suocera e segregato la figlia, andava condannata a otto anni di reclusione. Il pm, con la sua richiesta, aveva tenuto conto sia della perizia psichiatrica, che ha stabilito che la capacità di intendere e volere dell'indagata era grandemente scemata anche se non del tutto, sia del rito abbreviato richiesto dai difensori. Lo scorso anno, lo psichiatra e criminologo Vincenzo Mastronardi, incaricato della perizia, aveva spiegato che Massimiliana era capace di intendere e volere solo a metà, ma aveva aggiunto che era socialmente pericolosa. Per questo il giudice Roberta Marchiori aveva deciso per la donna di Spinea la misura di sicurezza: infatti era ancora rinchiusa nell'ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere. Mastronardi era stato nominato dal magistrato e doveva dire se la donna era inferma di mente o meno e se era pericolosa. Per lo psichiatra e criminologo era solo parzialmente capace di intendere e volere e, dunque, poteva essere processata, solo che al momento di decidere la pena è scattato uno sconto di almeno un terzo. A chiedere la perizia psichiatrica erano stati sia i due difensori sia il pubblico ministero Lucia D'Alessandro. La donna aveva confessato di aver ucciso la suocera Elisa Bozzi, morte in precedenza giudicata naturale, e di aver picchiato e segregato la figlia. «Ho confessato per salvare mia figlia... Se non fossi finita in carcere avrei potuto tentare nuovamente di ucciderla. E poi sentivo l'obbligo di espiare la mia colpa, quella di aver ucciso mia suocera». Queste le parole con cui Massimiliana, 57 anni, aveva spiegato al giudice perché aveva confessato ai carabinieri a sei mesi dall' omicidio e sei giorni dopo aver legato e imbavagliato la figlia di 30 anni. Ma perché ha ucciso? «Non ne potevo più», aveva sostenuto davanti al giudice; aveva raccontato che era esasperata dalla difficoltà di accudire sua suocera 92enne, che non era da tempo autosufficiente e passava le giornate a letto.©RIPRODUZIONE RISERVATA
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