Uccise il figlio con una coltellata, giudizio immediato
CAMPAGNA LUPIA. Il pubblico ministero di Venezia Francesca Crupi ha rinviato a giudizio con rito immediato, in pratica saltando l’udienza preliminare, l’agricoltore in pensione di 70 anni Guerrino Minto, che a Campagna Lupia il 26 luglio scorso aveva ucciso il figlio 21enne Alessandro. Ora, per l’imputato l’unico modo per evitare di finire davanti alla Corte d’assise è quello di chiedere un rito alternativo e proprio all’abbreviato starebbe pensando il difensore, l’avvocato Giorgio Pietramala.
Se lo chiederà il processo si svolgerebbe davanti ad un giudice dell’udienza preliminare allo stato degli atti e con la sicurezza che sulla pena finale verrà applicato lo sconto di un terzo. È accusato di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela e dai futili motivi della lite conclusa con una coltellata.
«È stato un momento d'ira, un raptus, l'ho colpito con un'unica coltellata e l'ho ammazzato». Queste le parole di Guerrino Minto davanti al giudice Marta Paccagnella, nel primo interrogatorio. Un colpo solo, ma assestato con un coltello utilizzato per tagliare il pane, quindi con una lama lunga e seghettata che era penetrata facilmente nel petto e aveva centrato il cuore del ragazzo, oltre i bronchi. Alessandro era morto subito e i medici del Suem non avevano potuto fare nulla. Durante l'interrogatorio, Guerrino Minto aveva spiegato al giudice che quel figlio se l'era tirato su lui da solo fin da quando aveva otto anni, che di sicuro non aveva nessuna intenzione di ucciderlo, che era stato un momento in cui non aveva capito più nulla durante la lite per i soldi. Non era la prima volta che padre e figlio discutevano di soldi, ma quella volta i toni erano stati più accesi. Il padre aveva chiesto ad Alessandro la restituzione di almeno 200 dei 500 euro che gli aveva prestato. Il figlio non ne ha voluto sentire e gli ha ricordato, come aveva già fatto in passato, che era lui ad avanzare soldi dal padre: seimila euro custoditi in un libretto di risparmio intestato al figlio, quando ancora era minorenne, e prelevati dal padre per l'acquisto di un trattore. La lite era poi degenerata e il padre aveva afferrato il primo coltello che aveva trovato in cucina e lo aveva piantato sul petto del giovane. Inizialmente i difensori avevano chiesto una perizia psichiatrica sull'anziano agricoltore, nel tentativo di ottenere almeno lo sconto di un terzo sulla pena finale grazie alla semi infermità mentale. Ma la richiesta non aveva trovato accoglienza anche perché il padre in precedenza non aveva dato segni di squilibrio e non c’era alcuna documentazione medica che potesse comprovare patologie mentali particolari. Tra l’altro la lite, poi sfociata nell’omicidio, era iniziata per una banalissimo e, per la rappresentante della Procura, futile motivo.
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