Turismo a numero chiuso ora lo chiede anche Costa

Orsoni vola a incontrare in Usa il presidente del World Monument Fund che ha inserito Venezia tra i 67 siti mondiali a rischio, proprio per i troppi arrivi
Di Enrico Tantucci

Numero chiuso (con o senza ticket) per i turisti in città, ormai non è più un tabù e il sindaco Giorgio Orsoni, incontrando dopodomani a New York - nel viaggio promozionale legato al Mose di cui riferiamo a parte - il presidente del World Monument Fund Bonnie Burnham, proverà a “stoppare” anche in questa chiave gli effetti negativi a livello mediatico del clamoroso inserimento - deciso pochi giorni fa - dal prossimo anno della nostra città da parte dell’organismo statunitense nell'elenco dei 67 siti storici e archeologici di rilevanza mondiale più a rischio. Proprio a causa della pressione turistica e delle grandi navi che fanno di Venezia, per il World Monument Fund un “drammatico esempio” di un modello economico di sviluppo che rischia di distruggere la città, invitando gli enti pubblici interessati - a cominciare evidentemente dal Comune - a riconsiderare le proprie politiche che stanno avendo un impatto negativo molto forte su di essa. Aveva cominciato Anna Somers Cocks - a lungo responsabile del Venice in Peril Fund, il Comitato britannico di salvaguardia per Venezia - qualche mese fa, con un articolo sulla New York Review premiato poi pochi giorni fa dall’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti come miglior articolo dell’anno su Venezia. Per la gestione dei flussi turistici sempre più incontrollati, Somers Cocks proponena appunto l’introduzione del ticket d’ingresso come estrema misura di controllo, oltre che di sostegno alla salvaguardia della città. «Finché io sarò sindaco di Venezia», aveva replicato Orsoni sullo stesso giornale, «non istituirò mai un biglietto d'ingresso per limitare il numero dei turisti perché non è un museo, ma ho bisogno anche del sostegno della comunità internazionale e delle sue tante voci». Ma solo poche settimane più tardi - a margine del problema grandi navi - era stato il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, già presidente del Fai, il Fondo per l’ambiente Italiano a riproporre il controllo degli accessi turistici a Venezia. «So che mi attirerò i commenti negativi di qualcuno», ha dichiarato, «ma Venezia è un fragilissimo museo a cielo aperto e una città che sta morendo. Per questo, visto che la massa dei turisti in città è destinata ad aumentare in modo insopportabile nei prossimi anni, non mi scandalizza affatto l’idea dell'istituzione di un biglietto d’ingresso alla città, il cui ricavato serva anche al suo mantenimento. Venezia va difesa, migliorando contemporaneamente la qualità del turismo che la frequenta». Non c’è due senza tre e il terzo appello fa ancora più rumore, perché a lanciarlo non è la “solita” associazione ambientalista, ma il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa, già sindaco di Venezia. «La pressione turistica su Venezia è troppa», ha dichiarato al convegno sul Porto all’Istituto Veneto, «deve essere normata. Quando ero sindaco, si era iniziato a lavorare sul progetto del numero chiuso. Ora, con tecnologie più moderne, ci vorrebbe niente a realizzarlo».

Orsoni da domani proverà a spiegare al presidente del World Monument Fund e anche ai comitati di salvaguardia per Venezia americani Save Venice e Venetian Heritage come pensa di difendere la città dall’aggressione turistica ormai incontrollata, chiedendo anche il loro aiuto. Ma, come sta avvenendo per i provvedimenti sul traffico acqueo in Canal Grande, auspici e propositi non bastano più. È arrivato il momento di agire e se per Orsoni - a differenza di Costa - il numero chiuso non è una soluzione praticabile per il controllo dei flussi, dovrà comunque spiegare come intende fare.

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