Truffavano gli immigrati in due rinviati a giudizio

Insieme a un serbo si facevano consegnare 4.500 euro a testa da 5 clandestini promettendo i documenti per la regolarizzazione che risultavano fasulli

Avevano messo in piedi una vera impresa per truffare gli immigrati clandestini: in questo modo, stando agli accertamenti degli inquirenti, si erano messi in tasca quasi 22 mila euro, ma potrebbero essere molti di più, visto che non sono venute a galla tutte le truffe che i tre avrebbero messo a segno. Ieri, il pubblico ministero Carlotta Franceschetti ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per il prossimo 26 settembre davanti al giudice monocratico Sara Natto perché rispondano di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa e falso materiale Ciro Alfano (45 anni, Casale sul Sile), Mauro Abbattiscianni (56, Noale) e il serbo Milazim Samdraxha (47, Salzano).

I fatti si sarebbero svolti tutti tra il mese di settembre e quello di dicembre di quattro anni fa: gli immigrati extracomunitari rimasti raggirati dai tre imputati, che gli inquirenti sono riusciti ad individuare, sono cinque, per la maggior parte provenienti dalla Nigeria. Stando al capo d’imputazione, i tre, a turno, si presentavano allo Sportello unico per l’immigrazione della Prefettura e, nell’ambito delle procedure per l’emersione dei lavoratori extracomunitari irregolari prevista dalla norma varata nel 2012, dichiaravano di aver occupato questo o quella immigrata in qualità di domestici presso l’abitazione di uno di loro, Alfano, mentre in un caso fornendo anche false generalità del datore di lavoro. Anche l’indirizzo dell’abitazione era fasullo, visto che nessuno di loro abitava al civico 37 di via Nicolodi a Marghera.

Inoltre, si facevano consegnare dai clandestini circa 4500 euro, a qualcuno chiedevano anche 4800, ad altri un cifra leggermente minore, in cambio di quella che loro spacciavano come regolarizzazione. Agli immigrati, infatti, consegnavano una serie di documenti, il bollettino postale dei contributi previdenziali all’Inps, il modulo F24 del versamento per il contributo forfettario, ma si trattava di documentazione del tutto fasulla, in modo da far credere che tutto avveniva secondo le regole. Infine, i due imputati italiani devono anche rispondere di ricettazione per aver utilizzato tre assegni, che facevano parte di un libretto di titoli della Banca Friuadria rubato a Mattia Pasqualato. Stando alle accuse, i due non potevano ignorare che quegli assegni provenivano da un furto, eppure li hanno compilati, firmati, staccati e consegnati, ricevendone in cambio denaro.

Giorgio Cecchetti

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