Trovato morto in carcere a 29 anni
PORTOGRUARO. Una madre che chiede chiarezza, decisa a non rassegnarsi alla morte di un figlio che, a 29 anni, non aveva mai manifestato problematiche di natura cardiaca. É caccia alla verità sulle cause del decesso del portogruarese Stefano Borriello. Si trovava in custodia cautelare nel carcere di Pordenone e ha cessato di vivere venerdì sera nell’ospedale del capoluogo. Borriello era stato appena trasportato in ambulanza nel nosocomio. L’intervento in carcere del personale del 118 era stato chiesto verso le 20. Il 29enne, venerdì sera, si trovava in cella con altri tre detenuti: sarebbero stati proprio loro i primi a soccorrerlo assieme al personale di sorveglianza del carcere. Cosa era successo? Un improvviso malore, in seguito al quale a Borriello sono stati prestati nel giro di pochi minuti i primi soccorsi. Poi il giovane è stato trasportato d’urgenza al Santa Maria degli Angeli. Poco dopo il suo arrivo all’ospedale, le sue condizioni sono rapidamente peggiorate: è stato colto da un nuovo attacco cardiaco e questa volta il suo cuore non ha retto.
Questa è la ricostruzione ufficiosa emersa venerdì sera e attualmente al vaglio della magistratura che sta esaminando gli atti fin qui disponibili. Ieri il sostituto procuratore Matteo Campagnaro, che ha delegato per gli accertamenti la polizia penitenziaria, ha disposto l’autopsia: l’incarico è stato conferito a Renzo Fiorentino e domattina, subito dopo il giuramento, cominceranno le operazioni peritali. Ci sarà anche un consulente di parte. Sì, perché ieri la madre di Stefano si è rivolta all’avvocato Daniela Lizzi, del foro di Udine, che nominerà il dottor Vincenzo De Leo. «Grazie all’autopsia sarà possibile vagliare tutte le possibilità e verificare l’eventuale presenza di ecchimosi sul corpo» ha sottolineato ieri l’avvocato Lizzi, «in questo momento non mi sento di formulare ipotesi. Dico solto che l’autopsia potrà fornire da subito indicazioni chiare. Il pubblico ministero sta raccogliendo quante più informazioni possibile e lo stesso intendiamo fare noi».
«Che io sappia, a Stefano non erano stati diagnosticati in passato problemi cardiaci», ha aggiunto l’avvocato, «è vero che la sua storia personale era stata segnata da problemi di tossicodipendenza, ma le sue condizioni di salute erano buone. Io l’ho sentito l’ultima volta il 27 luglio. Naturalmente la detenzione gli pesava, ma non mi era apparso affatto depresso e non mi aveva parlato di problemi particolari circa l’ambiente carcerario. Tantomeno aveva segnalato di essere mai stato maltrattato».
Tornando all’autopsia, in base alle risultanze dell’esame necroscopico la magistratura deciderà l’opportunità di eventuali accertamenti anche sulle condizioni della cella.
I locali in cui si trovano i detenuti a Pordenone non sono climatizzati. Borriello era in custodia cautelare per rapina aggravata. L’accusa era di essersi reso protagonista di una rapina con aggressione ai danni di un 86enne assieme a un altro portogruarese, il 46enne Adriano Ferrari, anch’egli identificato e portato dietro le sbarre.
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