Troppe visite “inutili” al Pronto soccorso
L’utilizzo del Pronto soccorso dell’Ospedale dell’Angelo cresce in termini numerici, diviene sempre più punto di riferimento provinciale ma al tempo stesso “soffoca” sotto i colpi dei codici bianchi – i casi non gravi – che, nel 2011, hanno rappresentato il 61 per cento degli accessi. Un problema che a cascata ne innesca altri, come le lunghe attese per quei pazienti che non hanno una emergenza in corso, benché non possano essere mai sottovalutati. «Vediamo un trend di crescita costante, soprattutto per quanto riguarda la realtà mestrina – argomenta Guido Belvederi, primario del Dipartimento di Emergenza e Urgenza dell’Angelo – Ormai siamo divenuti un punto di riferimento ospedaliero per patologie come l’ictus o quelle cardiovascolari, e per i grandi traumi a seguito di incidenti. Se da un lato questo evidenzia la qualità riconosciuta al nostro personale, dall’altro ci si può trovare in difficoltà perchè il numero di medici e infermieri non aumenta: di conseguenza capita poi che ci sia gente che aspetta in sala d’attesa al Pronto soccorso».
Nel 2008 gli accessi a quello dell’Angelo sono stati 77.900, crescendo fino agli 84.475 dello scorso anno. E nel computo del lavoro delle varie équipe vanno aggiunti i 35.255 accessi dell’ospedale Civile, a Venezia, nel 2011.
In questi primi due mesi scarsi del 2012 Mestre ha già registrato 11.851 ingressi, mentre Venezia ne ha avuti 4.339.
«Il problema dei codici bianchi è però di tutti gli ospedali d’Italia – rimarca Belvederi – certo è che oltre 51 mila in un anno a Mestre sono molti. Poi è logico che bambini, donne gravide e anziani ricevono la precedenza tra tutti i “bianchi”, perché le complicazioni possono sempre essere dietro l’angolo anche con una semplice influenza. Ma è ovvio che se la coperta è corta non si possono fare miracoli e c’è chi resta in attesa, come chi con una ferita che richiede solo un paio di punti di sutura e spesso viene presa quale esempio in negativo».
In base ai dati forniti dall’Asl 12, la media di attesa per un codice bianco a Mestre è di due ore e venti minuti, contro l’ora e 23 minuti di Venezia.
Per i codici verdi si passa rispettivamente da un’ora e 17 minuti a un’ora scarsa.
Al Tribunale per i diritti del malato, la questione delle attese è sempre all’ordine del giorno. «Purtroppo è ormai un fatto assodato, ma su scala nazionale – commenta Sandra Boscolo – Anche le segnalazioni che riceviamo per l’ospedale di Mestre ruotano per lo più attorno a questo disagio. Ci sono troppi codici bianchi impropri che intasano le sale di attesa, ma questo perché il cittadino non è in grado di conoscere e distinguere la propria patologia. Quando mancano i medici di base, si corre al pronto soccorso, ma questo non è strutturato per far fronte a questo gran numero di codici bianchi. Ci fossero i famosi ambulatori gestiti dai medici di base, a fare filtro, il problema si risolverebbe. In questo modo le necessità minori verrebbero affrontate da loro, mentre solo le visite e le cure effettivamente di livello più grave potrebbero andare al pronto soccorso».
«All’Umberto I c’era l’ambulatorio per i codici bianchi e funzionava bene – ricorda il primario – ora non c’è più, forse per una questione di costi: però deve essere un servizio organizzato alla perfezione, altrimenti i codici bianchi finiscono magari per ritornarci al Pronto soccorso. Stesso discorso lo affrontiamo con il taglio dei posti letto nel caso dei ricoveri – conclude Belvederi – dal momento che le malattie e gli infortuni non calano, si crea affollamento. Basti guardare il picco influenzale che abbiamo vissuto in questo periodo, con l’11 per mille dei casi per numero di abitanti, qui siamo stati secondi solo alla Sardegna e alla provincia di Trento. Ciò significa ulteriore impegno per il personale. Ma almeno da noi non si registrano vicende come quelle accadute in altre città italiane».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia