Lettera-appello e 75 mila firme per liberare Alberto Trentini: «Non lasciamo che diventi invisibile»
La madre di Alberto, dopo le parole da Fazio, ha scritto a Repubblica. Gli amici: «Cento giorni senza notizie, deve tornare a casa»
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«Non lasciamo che diventi invisibile. È il mio unico figlio e se solo potessi, gli direi che lo pensiamo ogni giorno, che non smettiamo di lottare per riportarlo a casa, che la sua prigionia non passa inosservata. Gli racconterei della forza di chi, vecchio e nuovo amico, sta combattendo al nostro fianco per la sua liberazione».
È commossa fino alle lacrime la mamma di Alberto Trentini di fronte all’appello di tutta Italia di non permettere che il cooperante veneziano prigioniero in Venezuela cada nell’oblio. Dopo 100 giorni dal suo arresto, l’appello «con il cuore in mano» della mamma inviato in una lettera al quotidiano Repubblica è che il governo faccia tutto il possibile con la massima urgenza per scarcerare Alberto. Ogni giorno le voci di chi si batte per il suo ritorno si moltiplicano, un movimento che non si ferma alimentato dalla solidarietà di chi ha scelto di metterci la faccia.
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Sono 75 mila le firme che in poche settimane hanno invaso la petizione virale per il rilascio immediato del 45enne, un numero che cresce a vista d’occhio. E intanto, già 400 persone hanno partecipato al “Muro virtuale di speranza per Alberto” , lanciato dal comitato “Alberto Trentini Libero” su Miro.com, dove chiunque può aderire alla causa che sta unendo il mondo intero. Lo hanno fatto i Comuni italiani che hanno affisso i cartelloni per la sua liberazione, dalla facciata di Palazzo D’Accursio del Comune di Bologna al Consiglio Regionale Veneto e il municipio di Mestre e del Lido, oltre al mondo dell’associazionismo, dal Cefa – Il seme della Solidarietà alle ong Protect Humanitarians e Helpcode per cui Alberto ha lavorato, la onlus Matemù e Articolo 21 con l’appello di Beppe Giulietti e Ottavia Piccolo, e ancora i giornalisti Carlo Verdelli e Giulio Cavalli, con il cantante Cisco Bellotti.
Si sono uniti al muro della speranza anche gli amici da Rabat (Marocco), Rio de Janeiro, Messina, Pesaro, Roma e Venezia. «Ogni giorno che passa senza sue notizie è un altro giorno di ingiustizia. Ogni gesto, ogni passo, ci avvicina di più al momento in cui lo riporteremo a casa» dicono gli amici di Alberto.
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Sono ormai cento giorni dal suo arresto, cento notti senza la sua voce. Trentini, infatti, condivideva ogni dettaglio del suo viaggio con la madre Armanda, perfino la mappa di Google per mostrarle la sua posizione. Ma l’ultima, inviata dall’aeroporto di Caracas, non è mai arrivata. «Noi non demordiamo» prosegue la mamma Armanda Colusso, «passiamo notti lunghe ma non ci spaventano: abbiamo tempo per pensare e connetterci con lui. Il pensiero di quanto avrebbe potuto fare in questi giorni tre mesi, invece di essere privato di ogni contatto con il mondo, ci tormenta».
Se l’arresto risale a oltre tre mesi fa, la denuncia pubblica della sua scomparsa è arrivata a metà gennaio, quando la famiglia Trentini, assistita dall’avvocata Alessandra Ballerini – la stessa che segue il caso Regeni – ha fatto appello alla sua liberazione insieme alla Commissione Interamericana per i diritti umani. Ad oggi, però, la situazione è in stallo. Quanto all’imputazione di arresto, quello che inizialmente era solo un timore, ovvero l’accusa di attività sovversive contro la Repubblica Bolivariana di Nicolas Maduro, è diventata realtà con la conferma dello stesso sindaco Luigi Brugnaro. —
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