Trenta miliardi di fondi per le reti idriche ma il Comune di Venezia non pensa alle fognature

VENEZIA. Pronti 30 miliardi di euro da distribuire ai Comuni con il Recovery Fund per le infrastrutture locali, dai rifiuti, alla rete idrica, al welfare. Ma il Comune di Venezia, tra le sue richieste, non inserisce quella realizzazione della rete fognaria – di cui la città è priva - e che diventerà in futuiro indispensabile se le chiusure del Mose per l’innalzamento dei livelli dell’acqua diventeranno sempre più frequenti, trasformando la laguna in uno stagno.
«E’ un’opportunità incredibile per Venezia - dichiara anche il presidente di Confedilizia (l’associazione dei proprietari di abitazioni) Giuliano Marchi - che sarebbe un delitto che il Comune perdesse. Attualmente, in una situazione di grande confusione, scarica sui proprietari, senza alcun contributo, l’onere economico di realizzare le fosse settiche per le proprie abitazioni, per un servizio, come quello dello smaltimento dei reflui, che dovrebbe essere di interesse pubblico. E lo stesso vale per gli alberghi".
"E quando concede deroghe alla realizzazione delle fosse - perché non ci sono le condizioni per realizzarle - inibisce comunque ai proprietari la possibilità di affittare gli alloggi anche ad uso turistico. Se finalmente anche a Venezia, come in tutte le città, si realizzasse finalmente una rete fognaria, si risolverebbe il problema alla radice, senza parlare degli aspetti igienici e ambientali. Uno dei problemi sollevati per non farla è sempre stato quello dei costi ingenti dell’intervento, ma ora che c’è la possibilità concreta di utilizzare i fondi europei, sarebbe incomprensibile non voler sfruttare l’occasione».
La Legge Speciale, del resto, imporrebbe ai Comuni di Venezia e di Chioggia sin dal 1995 di dotarsi di sistemi di smaltimento delle acque reflue con la realizzazione del sistema fognario. Ma fino ad oggi nessun progetto per questo fondamentale servizio è stato elaborato dalle amministrazioni comunali che sui sono succedute, compresa quella attuale.
Lo stesso sindaco Luigi Brugnaro in diverse occasioni ha ricordato la necessità per Venezia di realizzare un sistema fognario. Ma nei “desiderata” inseriti dal Comune nel suo piano per accedere ai finanziamenti del Recovery Fund fuino ad oggi, appunto, non c’è traccia. Fino agli anni ’60, gli scarichi reflui erano lentamente incanalati nei cosiddetti “gatoli”, ossia delle canalizzazioni in mattoni che correndo sotto la strada raggiungevano i canali.Cunicoli costruiti in mattoni d’argilla, studiati perché il sedimento più pesante rimanesse in basso, mentre la parte liquida raggiungeva il canale.
Le fosse settiche odierne funzionano con un principio simile. Questo sistema resse fino agli anni ’60 quando il boom economico raggiunse anche Venezia. L’uso di lavatrici e di lavastoviglie si impose anche nelle case veneziane. Detergenti chimici e carta igienica cominciarono a essere usati in modo sempre crescente. I “gatoli” della città inoltre cominciarono a ricevere molta più acqua di quanto si usasse in passato. Il Comune di non pulire più i “gatoli” e di dragare i canali, i procedendo per interventi straordinari. Ma lo scavo dei rii a secco è ormai interrotto da anni - per mancanza di finanziamenti - e solo di recente si è ripreso qualche parziale intervento di scavo in umido.
L’altra soluzione adottata restano appunto le fossesettiche. che però non risolvono il problema degli scarichi. Lo farebbe appunto la realizzazione di una rete fognaria - magari realizzata a pezzi, come è stato in questi anni per la rete antincendio - che comporterebbe però un intervento di grande dimensione e di notevole spesa. Quella che solo il “treno” europeo potrebbe forse consentire. —
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