Tre minorenni afghani in lacrime a Santa Lucia

Il più grande ha 15 anni, il più piccolo 12: erano in stazione, smarriti, e volevano arrivare in Inghilterra. L’assessore Venturini: «Portati in una struttura protetta»
AGOSTINI VENEZIA 23.02.2008.- POLFER STAZIONE S. LUCIA.- INTERPRESS
AGOSTINI VENEZIA 23.02.2008.- POLFER STAZIONE S. LUCIA.- INTERPRESS

VENEZIA. Tre ragazzini afghani, il più grande non avrebbe più di quindici anni e il più piccolo dovrebbe averne al massimo dodici (ma ai poliziotti hanno detto di avere tutti un anno in più) sono stati trovati, smarriti, in mezzo al via vai di passeggeri che affollavano ieri mattina il piazzale di ingresso della stazione di San Lucia, a Venezia.

Sono stati notati dagli agenti della polizia ferroviaria di Venezia che li hanno avvicinati e presi in consegna. I tre adolescenti, tutti maschi, alla vista delle divise degli agenti della Polfer si sono impauriti, le lacrime sono comparse sui loro occhi. Quando è stato chiaro che si tratta di tre minori, non accompagnati, senza nessun adulto a prendersi cura di loro, i poliziotti hanno allertato i servizi sociali del Comune: i ragazzini sono stati affidati al servizio minori di Mestre. «Li abbiamo presi in consegna e condotti in una struttura protetta che si occupa di minori stranieri soli. Ora stiamo cercando di verificare se hanno parenti in città o nella Regione che possano prendersi cura di loro. Lo facciamo per tutti, altrimenti i fondi a disposizione non basterebbero per aiutare tutti», conferma l’assessore alle Politiche sociali del Comune, Simone Venturini. I tre ragazzini hanno spiegato agli agenti della Polfer di essere tutti originari dell’Afghanistan e di aver raggiunto l’Italia in auto provenienti dalla Grecia. Destinazione finale del loro viaggio sarebbe stata l’Inghilterra. Non erano deperiti e ora si trovano in comunità mentre le indagini proseguono per accertare chi li abbia condotti fino a Venezia, lasciandoli da soli davanti alla stazione. I viaggi della speranza per questi piccoli afghani seguono spesso rotte differenti: «Molto spesso gli arrivi avvengono via Grecia attraverso i traghetti che giungono al porto di Venezia; a volte arrivano poi via treno oppure via autostrada». E non sono casi isolati: il bosco di Zaher a Favaro è stato intitolato anni fa per ricordare proprio un ragazzino afghano morto sotto un camion mentre cercava di arrivare nella nostra città.

«Abbiamo da inizio anno accolto in strutture almeno un centinaio di minori non accompagnati, che arrivano soli e che noi abbiamo l’obbligo per legge di assistere dando loro vitto e alloggio in comunità, garantendo anche la loro istruzione», ricorda Venturini. «Il nostro sforzo di accoglienza però non trova il giusto aiuto da parte dello Stato italiano che rimborsa al massimo metà dei costi che vengono sostenuti dall’amministrazione».

Mitia Chiarin

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