Tratta di clandestini in Europa è scattata la caccia ai capi

Sono scappati in Albania: 13 ordinanze di cattura del gip del tribunale di Venezia non sono state ancora recapitate
Agenzia Candussi, giornalista Mion. Conferenza stampa Polizia di Frontiera presso Aeroporto Marco Polo
Agenzia Candussi, giornalista Mion. Conferenza stampa Polizia di Frontiera presso Aeroporto Marco Polo

All’appello mancano i capi che sono scappati nel loro Paese, l’Albania.

Delle ventuno ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Venezia e destinate ai responsabili di due associazioni a delinquere che si occupavano di far arrivare albanesi clandestini dall’Italia alla Gran Bretagna, otto sono state eseguite, le altre attendono di essere recapitate ai destinatari. Una cosa non semplice per il momento in quanto non è chiaro con esattezza dove si trovino i destinatari. Di certo l’indagine della polizia di frontiera di Venezia e di Verona ha consentito di stroncare un fenomeno che stava preoccupando le autorità italiane ed europee anche perché attraverso questi canali potevano entrare in Europa anche terroristi provenienti dai Balcani. Nessuno, infatti, lo può escludere.

«Il nostro è un impegno al contrasto dell'immigrazione clandestina», ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Venezia Adelchi D'Ippolito. «Non si vuole contrastare l’immigrazione, ma solo quella clandestina che in Italia è un reato e va dunque perseguita».

La destinazione dei migranti, secondo quanto accertato, era il Regno Unito passando le frontiere degli aeroporti e dei porti in Italia, Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Polonia e Portogallo. Un centinaio ci sarebbe riuscito pagando all’organizzazione cinquemila euro ciascuno. Le basi logistiche si trovavano a Conegliano, Villafranca Veronese, Londra e Burel, in Albania (qui con la complicità di dipendenti pubblici), dove erano messe a disposizione strutture in cui ospitare i clandestini, con la disponibilità di auto e caravan per il loro trasporto e la complicità di agenzie di viaggi. Le organizzazioni fornivano anche schede telefoniche, biglietti aerei e carte di identità italiane, romene e greche per consentire di attraversare le frontiere e raggiungere la Gran Bretagna. I documenti di identità erano stati rubati in bianco nel Veneto, in Molise, nel Lazio e nel Piemonte. Ma anche ceduti, in cambio di droga o denaro, da giovani, tra cui minori, senza mai denunciarne la smarrimento o il furto. (c.m.)

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