Trasferivano curdi dall’Iraq trent’anni di carcere in nove

Condannati per associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina Sbarcavano nei porti di Venezia e Ancona per raggiungere alcuni paesi europei
MION INTERPRESS 21-06-2009 SIT IN DA PARTE DI CITTADINI CURDI E ESPONENTI DEI CENTRI SOCIALI ALL'ENTRATA DEL PORTO DI VENEZIA MARITTIMA.
MION INTERPRESS 21-06-2009 SIT IN DA PARTE DI CITTADINI CURDI E ESPONENTI DEI CENTRI SOCIALI ALL'ENTRATA DEL PORTO DI VENEZIA MARITTIMA.

Oltre 30 anni di carcere e mezzo milione di euro di multa complessivamente per nove cittadini curdi accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di centinaia di connazionali partiti dall’Iraq ed arrivati in Francia, in Germania, in Svizzera, Belgio, Gran Bretagna, Norvegia, Danimarca e Svezia.

A chiedere le condanne è stato il pubblico ministero di Venezia Giovanni Zorzi, che ha coordinato le indagini della Squadra mobile veneziana, che nel 2009 aveva arrestato numerosi curdi. Alcuni di loro sono usciti dal processo patteggiando la pena, altri sono stati processati nei tribunali di altre città, mentre in nove sono stati condannati ieri dai giudici del Tribunale lagunare presieduto da Irene Casol.

Ecco le pene: Bawan Abedalla (26 anni) e Rezgar Ahmet (36) a un anno e otto mesi di reclusione, Kefe Ibrahim (39) a quattro anni e sei mesi e 90 mila euro di multa, Jalal Khoshnaw (27) a due anni e 10 mesi e 31 mila euro, Rezgar Nuri Hassan (31) a due anni e otto mesi e 10 mila euro, Rebin Adam, Rassul (30) a 4 anni e quattro mesi e 137 mila euro, Maher Salah Younes (39) a tre anni e otto mesi e 74 mila euro, Khidir Sangar (32) a sei anni e quattro mesi e 193 mila euro e Karwan Hassan Tawfeeq (30) a tre anni e un mese e 22 mila 500 euro. Sono tutti residenti tra Ancona e Venezia, le città con i porti dove i clandestini curdi sono sbarcati clandestinamente.

Sono ben 17 gli sbarchi tra il mese di gennaio del 2007 e il gennaio successivo che gli imputati avrebbero organizzato, in alcuni casi con 4 o 5 persone e altre con 28 o 35. Erano incaricati, stando al capo d’imputazione, di accoglierli in Italia, di offrire loro alloggio, nascondendoli e di procurare i biglietti per il viaggio verso il paese europeo che desideravano raggiungere. Tutto questo in stretto contatto con i complici residenti in Grecia. Turchi, nazioni di passaggio prima di raggiungere l’Italia, e naturalmente in Iraq.

Le indagini erano state avviate a seguito dell'individuazione da parte della Polizia di frontiere, il 23 maggio 2006, al porto di Venezia, di 36 clandestini nascosti in un autoarticolato imbarcato su una nave proveniente da Patrasso (Grecia). Naturalmente i clandestini per arrivare a destinazione pagavano cifre considerevoli. L'organizzazione era strutturata attraverso «cellule» operative in località, italiane e straniere, da cui i clandestini transitavano; queste strutture erano molto flessibili, tanto che gli indagati, in base alle esigenze dell'organizzazione, si sono più volte spostati da una città all'altra.

Solo a Roma erano tre, denominate «gruppo di Erbil», «gruppo dei Chamchamali» e «gruppo dei Badini», che gestivano rispettivamente i clandestini provenienti dalle città irachene di Erbil, di Kirkuk e di Monsul e Dohuk (in queste ultime due si parla il dialetto badini).

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