Tram, è scontro sui costi lievitati: «I milioni sono 195, non 220»
MESTRE. «Visto che tra 15 giorni il mio lavoro è finito, voglio che sia tutto in ordine e chiaro. In questi giorni si è detto che i costi del tram sarebbero passati da 130 a 220 milioni di euro. Sono cifre errate, forse frutto di interpretazioni non corrette dei documenti. Il costo dei lavori in appalto è aumentato da 125 a 166 milioni di euro non per maggiori costi ma perché l’amministrazione comunale ha scelto di effettuare lavori aggiuntivi e varianti di tracciato».
Antonio Stifanelli, amministratore di Pmv, la società del tram di Mestre, difende la sua “creatura”, che segue dal settembre 2005, dalle polemiche di questi giorni, scaturite dalle verifiche della Corte dei conti sull’assegnazione dell’appalto (datato 2003-2004, con una commissione in capo ad Actv) e sul costo differente tra la piattaforma tra Favaro e Mestre, dove sono stati spostati i sottoservizi, e il cordolo in calcestruzzo realizzato tra San Giuliano e Ponte della Libertà e che è costato molto meno. Rapporto inviato ai giudici contabili nell’aprile 2015 dal commissario Zappalorto dopo una indagine della Avm holding, di cui Pmv fa parte, e che Stifanelli dice di aver accolto «con profondo stupore». Ma precisa: «Siamo pronti, dopo aver consegnato una corposa documentazione alla commissione di Avm, a fornire tutte le spiegazioni anche alla Corte dei conti se ce lo chiederanno. Siamo pronti».
Cordoli e sottoservizi. Stifanelli, in carica dal settembre 2005, sull’utilizzo del cordolo in calcestruzzo sul ponte della Libertà e a San Giuliano, precisa che si tratta di una tecnologia che «si è potuta adottare solo nelle zone in cui il sottofondo stradale garantiva un’adeguata portanza», e la «non deformabilità» della strada. Tanto che a «piazzale Roma si è dovuto impiegare la piattaforma tradizionale». Sui sottoservizi precisa che non c’erano «specifici vincoli normativi e tecnici» ma una serie di «opportunità» che spinsero le giunte comunali a scegliere di spostare tubi del gas e rifare quelli dell’acquedotto. Per la cronaca sono gli anni delle giunte Costa e Cacciari (l’ultima).
I costi del tram. 128 milioni e mezzo vale l’appalto, «rimasto invariato», dice Stifanelli. «Con il recupero dell’Iva si passa dai 163 milioni del 2005 ai 195 milioni del 2015. Variazione inferiore al 20 per cento, ben distante dai cento milioni di cui qualcuno parla». Nel 2004-2005 la prima variante: 2 milioni e 400 mila euro per ampliare il deposito di Favaro. Nel 2015, dieci anni dopo, il conto arriva a 166,8 milioni. Tante le varianti e costose: 16 milioni per i sottoservizi; quasi 8 milioni per il tracciato rivisto in piazza XXVII Ottobre. Altri 9,2 milioni per la variante che sposta il tunnel e il tram da via Piave a via Cappuccina. E poi le modifiche su piazzale Roma ( 2,8 milioni). L’Iva totale vale 15,2 milioni: viene recuperata e reinvestita in interventi migliorativi; un milione e 800 mila euro è stato speso per segnaletica, semafori, espropri mentre gli oneri aggiuntivi per varianti, allungamento tempi cantieri, oneri della commissione di sicurezza pesano per 4,5 milioni. Alla fine il costo dell’opera passa da 163, 7 a 195,1 milioni di euro. Con gli interessi pagati (quasi 13 milioni) si arriva a 208 milioni di euro.
Finanziamenti. Chi ha pagato? Cento milioni li ha dati lo Stato (legge 211 del 92). Il ministero delle Infrastrutture ha pagato l’unico adeguamento prezzi (un milione e 600 mila euro per i rincari del ferro). Pmv ha investito 2 milioni e mezzo, soldi che arrivano dalla vendita dell’ex deposito Actv di via Torino. Due milioni e 633 mila euro sono di contributo regionale. 11 milioni e 600 mila in contributi in conto capitale (per il sottopasso e l’arrivo a Venezia) li ha messi il Comune di Venezia. Tre i mutui a carico di Pmv per 89 milioni di euro. I ritardi. Pmv, dice ancora Stifanelli ha «agito come soggetto attuatore di specifiche indicazioni fornite dall’amministrazione comunale». Nessuna decisione «autonoma» ma decisioni vistate da Comune e Ministero delle Infrastrutture. E il progetto era sotto la vigilanza della alta sorveglianza del Comune. I ritardi hanno pesato sul progetto: due anni per decidere sui sottoservizi; altri due per i problemi del sottopasso (cedimenti e vecchie bombe); quattro anni di attesa sul cavalcavia di San Giuliano, che la Regione non ha più realizzato. L’accordo di programma, ricordano da Pmv, è datato 2003. Sei mesi, infine, per i furti di rame che hanno condizionato nell’estate 2013 il via alle corse per Marghera. Non fa cenno, invece, il conteggio di Pmv ai disagi patiti dalla linea per altri blocchi e incidenti, come quello avvenuto per la rottura di un giunto aereo della linea di contatto in piazza XXVII Ottobre e che ha fermato la linea per mesi. Di certo dopo la relazione in viata in Corte dei conti anche una contro relazione è stata inviata dall’Alta sorveglianza del sistema tramviario (in capo al Comune) ai giudici contabili.
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