Traffico di droga, undici in carcere
Smantellata dalla Finanza una banda internazionale che aveva la base in un casolare di campagna fra San Donà e Noventa
SAN DONA’. I capi erano “Gazi” (Gazmir Panxhi) e “Arjan il magro” (al secolo Arjan Myrta): i vertici della cupola. “Gazi” era il capo sulla sponda italiana, “Arjan il magro” invece era quasi sempre all’estero, per mantenere i rapporti con i fornitori macedoni e turchi. Tutti gli altri, originari della stessa zona dell’Albania, il distretto di Elbassan, stavano ai loro ordini, nel business del traffico internazionale di droga, soprattutto eroina.
Le piazze raggiunte erano quelle delle principali città del Nord Italia, ma la base di partenza - dove venivano truccate le auto per nascondere la droga - era in un vecchio casolare di campagna tra San Donà e Noventa di Piave. Un traffico al quale all’alba di ieri hanno messo fine i finanzieri con undici ordinanze, di cui 9 in carcere. Ottanta i finanzieri dei comandi provinciali della guardia di finanza di Pisa e di Venezia che hanno dato esecuzione al provvedimento cautelare del giudice su richiesta del pm Giovanni Zorzi della Direzione distrettuale antimafia (Dda). La droga viaggiava tra Albania, Macedonia e Nord Italia. Nel complesso, nei vari passaggi dell’operazione, sono stati più di 80 i chili di droga sequestrati. Un’indagine scattata nel luglio del 2014 quando i finanzieri toscani intercettano un corriere della droga che si muove tra Pisa e Lucca. Ricostruiscono la filiera e, passo dopo passo - soprattutto grazie alle intercettazioni telefoniche, risalgono al Veneto, e in particolare a quel vecchio casolare vicino al Piave, in via delle Bassette 35. Un casolare che veniva difeso da uno e a volte anche due uomini armati, perché in quel vecchio edificio venivano preparati i doppifondi delle macchine e veniva nascosta la droga, in attesa di prendere la strada dello smercio al dettaglio. Quando è stato chiaro che la base dell’associazione a delinquere era in Veneto, la procura di Firenze - per competenza territoriale - ha passato la palla a quella di Venezia. Con la regia di Panxhi (difeso dall’avvocato Mauro Serpico insieme ad altri tre) la droga arrivava dal Medio Oriente, in particolare dalla Turchia, il traffico di eroina era finanziato attraverso il traffico di cocaina, e i soldi incassati dal gruppo tornavano poi in buona parte in Albania. L’organizzazione aveva creato una rete di distribuzione in Toscana, Lombardia, Liguria, Puglia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige. La droga giungeva dall’estero a bordo di autovetture munite di ingegnosi doppifondi e corredate da sistemi di radiolocalizzazione, in grado di monitorare in maniera puntuale i movimenti dei mezzi, per evitare che i corrieri si facessero tentare dall’idea di fare i furbi. Alla guida c’erano persone insospettabili e in precarie condizioni economiche. In 5 casi (a Verona, Forlì, nella stessa San Donà e poi a Lecce e Como), le indagini hanno permesso di intercettare le spedizioni, arrestando negli ultimi 2 anni 11 corrieri in flagranza di reato. Per evitare i controlli i cambi di euro erano molto frequenti e, nel caso in cui qualche membro del gruppo fosse finito nei guai, gli altri gli davano una mano pagando gli avvocati, o sostenendo le famiglie, come avvenne nel caso del primo arresto di Edmond Mufali, detto “Mondi”. L’operazione è anche il frutto di una collaborazione internazionale tra gli investigatori. Contestualmente infatti sono state avviate le indagini nella Repubblica di Macedonia, coordinate dal Sostituto Procuratore di Skopje, responsabile della lotta alla criminalità organizzata internazionale ed eseguite dalla polizia antidroga macedone, che hanno consentito di sequestrare ingenti quantitativi di sostanza stupefacente e di arrestare i responsabili dei singoli trasporti.
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