Tradisce la moglie, veneziano condannato a pagare i danni
VENEZIA. Per anni l’ha tradita con un’altra donna, continuando a negare l’evidenza della relazione; l’ha umiliata trasferendosi di fatto a vivere dalla madre, già poco dopo le nozze; l’ha percossa più volte (anche davanti alla figlia, mandandola al pronto soccorso) quando lei, esasperata, lo implorava di tornare a casa; l’ha fatta “andare via di testa”.
Ora - con sentenza 766/2012 - è stato condannato dal Tribunale civile a risarcire l’ex moglie con 69 mila euro, per i danni biologici e morali che le ha provocato con il suo comportamento, oltre al pagamento di 15 mila euro di spese legali e perizia medico legale
È una storia di devastazione psicologica familiare della “porta accanto” quella raccontata da una recente sentenza del giudice civile del Tribunale: il tradimento, la depressione, le botte, l’umiliazione, l’incapacità civile di risolvere un rapporto ormai finito, trascinandolo per decine d’anni, in un culmine di bugie e violenze, fisiche e mentali.
Lui, medico, e lei si sposano alla fine gli anni settanta: nascono subito due figli, presto l’uomo trasferisce studio e sala hobby nell’appartamento - attiguo - della madre, dove la moglie non può entrare.
La donna ha certamente una personalità fragile, è stata in cura da giovane per una leggera depressione. Una situazione che la rende ancora più fragile: è innamorata del marito e non accetta la situazione. Nel 2001 l’uomo inizia una relazione, che pure nega caparbiamente con la moglie, anche se - appassionato radioamatore - parla liberamente con l’amata via etere e si fa “intercettare” dal nipote e dalla cognata, che poi lo racconteranno al giudice. La moglie perde la testa, telefona al lavoro, lo fa seguire. Il rapporto è devastato. Lui si trasferisce definitivamente dalla madre, reagisce con violenza alle scenate imploranti di lei. «Mi difendevo dalle sue aggressioni», dice davanti al giudice, che però ascolta anche i racconti della figlia: «Papà ha picchiato la mamma». Lunga la lista dei certificati medici del Pronto soccorso depositati.
«E’ una sentenza interessante che dà un ulteriore contributo alla vexata quaestio sulla risarcibilità dell’infedeltà coniugale quale fonte di danno non compreso negli assegni di separazione o di divorzio», spiega l’avvocato Enrico Cornelio, che ha rappresentato la donna nella causa, «la mia cliente è stata lungamente e pubblicamente tradita da un marito di cui era innamoratissima ed è caduta in depressione. A seguito dell’abbandono del marito, “tornato dalla mamma”, la sua vita è stata rovinata per aver dovuto chiedere, una separazione che non avrebbe mai voluto. Ora il Tribunale le ha riconosciuto i danni biologici e morali, anche se resta un po’ in ombra l’inadempimento all’obbligo di fedeltà ed assistenza (art. 143 del codice) quale fonte della devastazione di una vita: sto meditando se appellare». Per il giudice - che cita la Corte di Cassazione - non basta «la mera inadempienza ai doveri coniugali» a far scattare il risarcimento. Non basta un tradimento a far scattare i danni, ma serve «una condotta obiettivamente grave con violazioni intense»: «come nel caso in esame». E’ vero che l’ex moglie «ha tenuto comportamenti non adeguati» (telefonate e ricerche ossessive del marito)», scrive il giudice in sentenza, «ma i comportamenti del marito, benché inseriti in un quadro di degrado dei rapporti tra i due coniugi dipendente anche da fragilità psicologica della attrice, pur tenendo conto del contesto familiare problematico, hanno integrato grave e inescusabile violazione di norme di condotta imperative e inderogabili, con plurime aggressioni a beni e diritti fondamentali della persone, quali l’incolumità e integrità fisica e la dignità dell’altro coniuge, che hanno superato la minima soglia di solidarietà e rispetto comunque doverosa al partner». Così scatta il risarcimento.
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