Top runner in piazza San Marco, in tantissimi ad applaudire
VENEZIA. Una mattinata col fiato corto, tra i canali e i ponti di Venezia, cercando di battere prima di tutto sé stessi: la sfida della Venice Marathon ha sicuramente monopolizzato la giornata dell'entroterra lagunare, ma ancora di più ha finito con il caratterizzare la domenica del centro storico, le fondamente di Dorsoduro e Castello tagliate a metà dai nastri blu che delimitavano il tracciato e un esercito che le attraversava a passo di corsa, tra magliette fosforescenti, bandane improbabili e palloncini colorati.
Se qualche turista, lo sguardo sconsolato e un trolley parcheggiato ai piedi, è rimasto paralizzato davanti agli imbarcaderi chiusi di San Basilio, la maggior parte dei viaggiatori in visita nella città ha scelto di buon grado di aspettare gli atleti a "bordo pista", magari dopo aver domandato cosa stesse succedendo proprio ai residenti in attesa di veder passare amici e parenti muniti di pettorina bianca.
I "top runner" della gara a mezzogiorno avevano già raggiunto piazza San Marco, e in un turbinio di applausi hanno affrontato il giro d'onore tra la basilica e le procuratie del museo Correr prima di lanciarsi verso l'ultimo chilometro in riva degli Schiavoni, ma la maggioranza dei partecipanti alla maratona ha visto il campanile rosso solo un'ora dopo; anche per i meno rapidi, comunque, non sono mancate le incitazioni accorate: la folla accalcata dietro alle transenne spesso arrivava a chiamare per nome i corridori, che volentieri rispondevano con un sorriso esausto o alzando il pollice, quando non si fermavano per scattarsi un selfie sullo sfondo della piazza.
In riva dei Sette Martiri, per l'ultimissimo sprint, una band spronava i più stanchi con versioni in levare degli storici successi italiani, ma era solo vedendo l'arco del traguardo che tutti, gli atleti con il record stampato sulla maglia così come le famiglie che marciavano per passione, tiravano finalmente un dovuto sospiro di sollievo.
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