Tir nero, listato a lutto, su una chiatta in bacino San Marco
MESTRE. Dall'inizio della crisi (2009) a oggi si contano quasi 21.000 attività in meno, lasciando senza un'occupazione almeno 70.000 addetti: assieme alle costruzioni, l'autotrasporto ha subito i contraccolpi più negativi di questo momento difficile. Il crollo della domanda, i costi di esercizio record, la concorrenza sleale praticata dai vettori stranieri e i pagamenti sempre più dilatati nel tempo, secondo la Cgia di Mestre, ne hanno fiaccato la tenuta. Un mix di criticità che, da sabato, ha fatto scattare lo stato di agitazione della categoria.
Singolare la protesta a Venezia di Unatras Veneto, sigla che mette assieme le associazioni dell'autotrasporto. Un tir nero ( in segno di lutto) caricato su una chiatta ha fatto il giro del Canale della Giudecca, fino al bacino San Marco e ritorno.
Quello del trasporto su strada è un settore molto importante per l'economia italiana; gli artigiani di Mestre ricordano che le 84.500 imprese del settore distribuiscono l'85,4% delle merci che viaggiano in Italia, contro una media dell'Ue molto inferiore. E a queste 84.500 realtà vanno aggiunte almeno altre 40.000 imprese prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente attività di intermediazione avvalendosi sempre più spesso di vettori stranieri. «Abbiamo i costi di esercizio più elevati d'Europa - sottolinea il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - a causa di troppe tasse e di un deficit infrastrutturale che costa all'intero sistema economico oltre 40 miliardi di euro l'anno. Senza contare che il settore è costretto a sostenere delle spese ingiustificate per la copertura assicurativa degli automezzi, per l'acquisto del gasolio e per i pedaggi autostradali».
E per reggere la concorrenza è guerra di prezzi. «Pur di lavorare, sempre più frequentemente - denuncia Zabeo - i nostri viaggiano sottocosto con tariffe che mediamente si aggirano attorno a 1,10-1,20 euro al chilometro, mentre i trasportatori dell'Est, spesso in violazione delle norme sui tempi di guida, delle disposizioni sul cabotaggio e con costi fissi molto inferiori, corrono a 80-90 centesimi. È evidente che con questa disparità di prezzo molti autotrasportatori italiani sono stati costretti a gettare la spugna». Tutte le realtà territoriali hanno subito una drastica diminuzione delle aziende. «Non è un caso che la regione più colpita - sottolinea il segretario della Cgia Renato Mason - sia stata il Friuli Venezia Giulia. Dal 2009 alla fine del 2016 il numero delle imprese attive è diminuito del 27%. Altrettanto preoccupante è stata le contrazione del 25,8 registrata in Piemonte, del 24,8 avvenuta in Toscana e del 24,7 maturata in Liguria. Anche tra il 2015 e il 2016 l'emorragia non si è fermata. Tutte le regioni presentano un segno meno. A fronte di una diminuzione complessiva di 2.055 imprese a livello nazionale, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte e la Liguria si posizionano nei primi posti della graduatoria della riduzione del numero di imprese espressa in termini percentuali».
Oltre ad avere i costi di esercizio più alti d'Europa, i tir italiani sono penalizzati anche dai controlli su strada, che riguardano soprattutto i mezzi nazionali. «Sebbene l'Italia, verso la fine del 2016, abbia aggiornato la normativa contro l'elusione di molti istituti contrattuali praticata soprattutto dalle aziende dell'Est Europa - accusa Zabeo - gli ultimi dati disponibili indicano che l'86,3% dei 330.000 controlli su strada effettuati dalla Polizia stradale nel 2015 ha interessato mezzi italiani, il 12,3 veicoli di nazionalità europea e un altro 1,4 tir residenti in paesi extra Ue».
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