Terraferma, ventimila lavoratori in nero

È la stima della Cgia che lancia un progetto: raccogliere le segnalazioni degli artigiani per stanare l’esercito degli abusivi
Di Marta Artico
Agenzia Candussi. Descrizione: conferenza stampa presso sede CGIA Mestre in via Torre Belfredo 87. Nella foto Paolo Zabeo e Roberto Bottan.
Agenzia Candussi. Descrizione: conferenza stampa presso sede CGIA Mestre in via Torre Belfredo 87. Nella foto Paolo Zabeo e Roberto Bottan.

Cassintegrati, pensionati, operai che non arrivano a fine mese e arrotondano in proprio, massaggiatrici, estetiste e parrucchiere a chiamata: un esercito di 20 mila lavoratori “invisibili” si muove ogni giorno almeno per qualche ora in città. La Cgia di Mestre che ieri ha presentato l’opuscolo anti saracinesca selvaggia “Chi apre chi chiude” nella sede di via Torre Belfredo, torna a denunciare il lavoro nero, che si sta diffondendo a macchia d’olio in terraferma.

«A causa della crisi economica», segnala il presidente della Cgia, Roberto Bottan, «negli ultimi anni il numero dei lavoratori in nero è pressoché raddoppiato, toccando, secondo una nostra stima, le 20.000 unità. Un esercito di invisibili che svolgono sul nostro territorio, magari solo per qualche ora al giorno, attività completamente irregolari. Dopolavoristi, cassaintegrati, pensionati e disoccupati, per sbarcare il lunario si stanno inventando di tutto: chi si offre per dipingere l’appartamento o per rifare la pavimentazione del bagno, chi si propone per aggiustare il condizionatore, riparare l’auto, sostituire la tapparella o cambiare la serratura, oppure per risuolare le scarpe o sistemare il giardino. Senza contare il nutrito esercito di abusivi che in città si presta a trasportare i turisti con la propria auto, penalizzando taxisti e autonoleggiatori».

Altrettanto allarmante è la situazione in cui versa il settore dei servizi alla persona. «Il numero delle false parrucchiere-estetiste che esercitano abusivamente la professione recandosi direttamente in casa della cliente è in costante aumento», prosegue Bottan. «Purtroppo questa selva di abusivi sta creando grossi danni economici agli artigiani professionisti. Un dipendente regolare ha diritti, stipendio, segue corsi di formazione, osserva le normative di sicurezza e igienico sanitarie. La garanzia del prodotto aumenta i prezzi, ovvio».

Da qui il progetto, che potrebbe partire da settembre, già ventilato dalla Cgia al sindaco e alla giunta durante il primo incontro con il mondo del commercio e dell’artigianato: mettere in moto un sistema per denunciare il lavoro nero e l’abusivismo. «Si tratta», spiega Paolo Zabeo, responsabile dell’ufficio studi della Cgia, «di un’azione mutuata dal comune di Riccione che vorremmo mettere in moto stipulando una convenzione con il Comune e dunque il corpo dei vigili, ma anche guardia finanza e Asl. Oggi i taxisti già ci segnalano con foto e dati tutto quello che succede, ad esempio, alla stazione di Mestre, una vera e propria casbah, dove gli abusivi che quasi strappano le valige a chi scende dal treno e le caricano in auto, sono conosciuti, talvolta ex pregiudicati. La stessa cosa si vorrebbe fare per tutti i settori». Visto che segnalare abusivi e lavoro nero può essere difficoltoso per i singoli o le attività, dal momento che oggi si deve mandare avanti una denuncia personale, sarebbe la Cgia a fare da sportello e Centro di raccolta. Una campagna di sensibilizzazione a tappeto, a partire dagli associati che sono capillarmente diffusi nel territorio. Un’idea questa, alla quale teneva il compianto segretario Giuseppe Bortolussi e che oggi l’Associazione intende portare avanti.

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