Tentò di uccidere la madre condanna di cinque anni
ERACLEA. Cinque anni di reclusione per il tentato omicidio della madre. Questa la sentenza di condanna, ieri, pronunciata ieri dal giudice veneziano Alberto Scaramuzza nei confronti del 35enne di Eraclea Simone Masiero, per il quale il suo difensore aveva chiesto e ottenuto il rito abbreviato, in modo da usufruire dello sconto di un terzo sulla pena finale. Ad attendere come sarebbe finita c’era la madre, che alla fine ha abbracciato il figlio, il quale già immediatamente dopo l’aggressione aveva chiesto scusa con una lettera indirizzata all’anziana donna con la quale viveva. Il pubblico ministero Carlotta Franceschetti aveva chiesto una pena leggermente più alta, sei anni e otto mesi di reclusione.
Lui, interrogato subito dopo i fatti accaduti il 3 ottobre dello scorso anni a Ponte Crepaldo, ha chiesto scusa più volte, aveva ribadito che non voleva proprio uccidere la madre. Inizialmente gli era stato contestato il reato di tentato omicidio, ma già dopo il primo interrogatorio l'accusa era stata derubricata in lesioni volontarie gravissime, ieri invece l’imputazione è tornata ad essere quella originaria. Si era avventato contro la madre Rosa Tesi (75 anni) colpendola almeno tre volte con un cacciavite in testa. Durante quell'interrogatorio aveva spiegato che, come era accaduto nel dicembre precedente, quando aveva simulato per la prima volta di essere stato rapinato nella casa della madre, anche questa volta aveva ideato una sceneggiata simile perché tre giorni prima la moglie lo aveva lasciato, andandosene da casa. Il 2 dicembre scorso quella simulazione aveva funzionato, visto che la moglie che stava lasciandolo, era tornata sui suoi passi ed era rimasta con lui. Ma i loro rapporti, evidentemente, si erano guastati di nuovo, la moglie aveva deciso di andarsene e tre giorni prima dell'aggressione alla madre lo aveva fatto.
Masiero, sempre stando alla sua versione, aveva allora pensato di ripetere quello che aveva fatto dieci mesi prima. Ma la notte del 3 ottobre, mentre metteva a soqquadro l'abitazione e batteva la testa contro il muro per simulare di essere stato percosso, sua madre si era svegliata e aveva scoperto quello che stava accadendo. Non c'era nessuno ad aggredirlo, ma era lui, da solo, che stava mettendo sotto sopra l'appartamento. A quel punto - aveva sostenuto davanti al giudice delle indagini preliminari Liguori - aveva preso il primo oggetto che gli era capitato in mano - era un cacciavite e aveva menato tre o quattro fendenti senza neppure vedere dove colpiva, visto che era buio. Poi aveva chiamato i soccorsi.
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