Tendopoli a Jesolo. «Ma per pochi giorni»
JESOLO. La prima "tendopoli" per i migranti in Veneto allestita alla Croce Rossa di Jesolo, ma il sindaco Valerio Zoggia assicura: «Resteranno solo per pochi giorni». Poi le alternative saranno le palestre delle scuole superiori o altre sedi eventualmente messe a disposizione dai Comuni limitrofi. Sono circa 150, tra quelli già ospitati in via Levantina e quelli aggiunti, una cinquantina, martedì mattina, arrivati in pullman da Venezia. Dovrebbero giungerne altri 20. Per il momento sono stati sistemati in alcune sale della sede in quanto pioveva troppo il giorno del loro arrivo.
Le tende allestite saranno quattro o cinque massimo, da una dozzina di posti ciascuna. Si stanno valutando situazioni di sicurezza anche perché i molti aghi di pino caduti con il maltempo possono creare rischi di incendio. Ci sono ben 40 nazionalità rappresentate, tutti ragazzi in discreto stato di salute.
Ieri il sindaco Valerio Zoggia ha fatto un sopralluogo, ricevuto dal commissario regionale della Croce Rossa Francesco Bosa. Tre tende non fanno una tendopoli secondo il sindaco. «La tendopoli, di fatto, non esiste», spiega, «sono state montate all’esterno tre tende da campo che non sono, però, attrezzate con servizi. I migranti giunti martedì sono stati sistemati negli androni interni e hanno dormito su delle brande. In tutto a Jesolo sono arrivati 54 profughi. Di questi 9 se ne sono andati subito dopo il loro arrivo in città e probabilmente sono quelli che più di qualche cittadino ha visto vagare per la città martedì mattina. All’interno della Croce Rossa, ora, ci sono in tutto 144 persone. Ai 45 profughi vanno aggiunti i 99 dublinanti che erano già presenti nei giorni scorsi. La situazione è tranquilla, i profughi sono persone miti. La Prefettura ha assicurato al commissario Bosa che entro due tre giorni dovrebbero essere trasferiti in altre strutture. Quanto accaduto martedì mattina è stato un problema di comunicazione tra Croce Rossa e Prefettura: il primo gruppo di profughi sarebbe dovuto arrivare alle 10 mentre il bus che li aveva caricati all’ufficio immigrazione di Marghera era già fuori del cancello alle 8. Per quanto mi riguarda se la situazione resta questa non sono preoccupato. Quello che mi dà da pensare è se si ripeterà ancora un invio di migranti così all’ultimo momento trasformando, di fatto, Jesolo in un centro di smistamento. Non siamo adatti ad avere questa funzione. Notizie come questa hanno un’eco e una risonanza mediatica molto forte che non gioca a favore della nostra economia turistica. E questo, Jesolo, non può permetterselo. Siamo una città accogliente, che rispetta i diritti umanitari, ma viviamo di turismo. E in piena stagione eventi come questo hanno un effetto pesante sulla nostra immagine».
Intanto il bel tempo ha fatto sì che tornino i turisti sulla spiaggia, incuranti di tensioni e polemiche. I migranti avevano iniziato a vagare per la città, tra lido e Paese, ma sono rientrati tutti. Rodolfo Murador di "Sinistra" attacca il primo cittadino: «Dobbiamo pensare alla solidarietà verso chi soffre e non dire che questo è un danno all'immagine. Il sindaco parla di prenotazioni saltate, ma lo deve dimostrare».
L'Aja lancia messaggi rassicuranti. «Il problema dei profughi è umanitario», dice il presidente Massimiliano Schiavon, «e lo Stato deve saper dare una risposta organizzativa e al contempo tracciare una strada per la tutela dell’equilibrio sociale e della sicurezza. Credo che Jesolo offra disponibilità e accoglienza sia di sicurezza, sia di rapporto con quelle che sono le caratteristiche di una località turistica. Mi sembra che il problema sia più determinato dall’opinione pubblica che da un reale impatto sulla località che è e rimane una delle più importanti realtà imprenditoriali. Mi sembra più preoccupante l’immagine che talvolta i media offrono di Jesolo piuttosto che la realtà. L’accoglienza è un dovere, la vacanza è un piacere e lavorare un diritto».
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