Tegnùe come le Bahamas cambiamenti sotto tutela

Il programma di controllo già utilizzato nei Caraibi verrà usato anche a Chioggia Due docenti studieranno come è mutata la zona a tutela biologica in undici anni
Di Renzo Mazzaro

CHIOGGIA. Dalle Bahamas all’Adriatico: un progetto che ha avuto un grande successo nel mar dei Caraibi, curato dall’Università di Padova, sta per essere replicato nelle acque delle Tegnùe di Chioggia. Servirà per misurare l’effetto riserva nella zona di tutela biologica (Ztb) controllando l’abbondanza e la taglia di due specie di pesci: la corvina e il sacchetto. La corvina è un pesce pelagico, molto conosciuto dai pescatori, di valore commerciale. Il sacchetto è un piccolo serranide, di scarsa o nessuna importanza, che sfugge anche ai sub. Il progetto delle Bahamas è nato per controllare un pesce infestante della barriera corallina, il lionfish. La sua diffusione viene misurata con due pesci pilota, uno predato e l’altro rifiutato dal lionfish, perché velenoso. Anche il lionfish è velenoso e al suo veleno gli altri pesci non si sono abituati, motivo per il quale non ha nemici naturali se non da piccolo. È utilizzato negli acquari, per la livrea molto bella. Il suo habitat sono gli oceani Indiano e Pacifico, nei Caraibi è un abusivo. Si presume ci sia arrivato per la disinvoltura dei collezionisti della Florida, che se ne sarebbero sbarazzati buttando gli esemplari in mare. In una decina d’anni si è talmente diffuso da mettere in pericolo le altre specie, perché è voracissimo. Gli studi dell’università di Padova hanno dimostrato che nelle riserve il lionfish non prolifica, mentre fuori dilaga. Il motivo? Nelle riserve è presente in gran quantità la cernia, forte predatrice come il lionfish, che ne mangia i piccoli e stagna la popolazione. Fuori dalle riserve, la cernia viene pescata e il lionfish ha campo libero.

Va da sé che le Bahamas sono un paradiso naturalistico, centinaia di isole e atolli dove è stata istituita la prima riserva marina integrale del mondo, nel 1958. L’Adriatico non è neanche un lontano parente: a parte visibilità e profondità molto diverse, la zona di protezione di Chioggia è stata istituita solo nel 2002. Ma le Tegnùe sono rocce naturali molto simili alla barriera corallina, costruite da organismi marini sedimentati nel corso di migliaia di anni su strati duri di discussa origine. Differiscono dai “reef” tropicali perché gli organismi costruttori non sono coralli ma alghe rosse calcaree.

Il progetto punta a verificare i cambiamenti avvenuti nelle Tegnùe dopo 11 anni di tutela biologica. Il confronto è fatto su due campioni, una specie commestibile, dunque bersaglio di pesca e l’altra ignorata dall’uomo. La loro presenza verrà misurata in 8 aree della Ztb e in 4 al di fuori, sempre a formazione Tegnùa. Queste rocce calcaree sono disseminate un po’ in tutto il fondale dell’Adriatico, per il resto sabbioso. Piero Mescalchin, il sub padovano animatore della onlus Tegnùe di Chioggia che ha promosso la Ztb, ne ha censite più di 3000.

Il progetto porta le firme di Mariella Rasotto e Carlotta Mazzoldi, le due docenti del Dipartimento di biologia marina di Chioggia, sede distaccata del Bo di Padova, che hanno diretto anche l’intervento nelle Bahamas. La gestione è affidata ad un gruppo di laureate di questa facoltà – Nicole Chimento, Valentina Meli, Elisa Cenci – costituitesi nell’associazione Bluscienza che ha avuto in affidamento dal Comune, per 40.000 euro, il progetto. I soldi vengono dalla Regione. Le ragazze se ne occuperanno tra maggio e agosto, con centinaia di immersioni, prima segnando i siti e poi verificando il numero dei pesci stanziali. La Ztb delle Tegnùe di Chioggia comprende l’area più vasta di queste formazioni rocciose. Da quando è stata istituita, il 5 agosto 2002, è stata oggetto di due studi. Uno porta la firma dell’Ispra, che tra il 2005 e il 2007 ha valutato la fauna ittica e commerciale di substrato duro e molle, attraverso pescate sperimentali. In precedenza, dal 2003 al 2006, il Dipartimento di biologia marina si era concentrato sul substrato duro, monitorando la popolazione ittica con l’osservazione diretta dei sub (Mazzoldi e Cenci). All’epoca l’effetto riserva non era visibile. La colpa venne data ai controlli, che non erano ancora efficaci. Oggi si temono risultati ancora peggiori, non solo perché i controlli non sono aumentati, nonostante accordi tra Comune e Capitaneria di Porto. Il fatto che la Ztb sia segnalata da boe, consente ai pescatori di frodo di arrivarci più comodamente. Si rischia il paradosso: scoprire un effetto riserva maggiore fuori dalla riserva. Sarebbe l’ennesima prova circostanziale contro la marineria di Chioggia, dove persiste una mentalità predatoria che arriva – non in tutti i componenti certo – a comportamenti di normale vandalismo. Ci sono pescatori che considerano le Tegnùe una pattumiera. Lo dicono i sub, costretti a fare gli spazzini. Il progetto affiderà ai diving e alle associazioni di sub un protocollo da utilizzare per raccogliere direttamente – oltre alla robaccia scaricata dai pescherecci – anche dati sulla fauna ittica, durante le loro immersioni.

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