Tecnica rivoluzionaria a Padova, cardiovalvole personalizzate e rigenerate

I ricercatori di Padova, finanziati dalla Regione, hanno ottimizzato una tecnica che prolunga e migliora gli impianti
Il modello della nuova valvola
Il modello della nuova valvola

VENEZIA. Oggi le malattie cardiovascolari rappresentano la maggiore causa di morte a livello globale e gli impianti valvolari disponibili (sia meccanici che biologici) pur migliorando le condizioni cliniche dei pazienti, scontano tuttora numerosi svantaggi - terapia anticoagulante permanente, incapacità di rimodellamento, riparazione e/o accrescimento somatico - che limitano le prospettive di vita dei soggetti trattati. Assume perciò un valore particolare la nuova tecnologia «Tricol» ideata dal team di ricerca di Medicina rigenerativa della Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliera di Padova, fondato dal professore Gino Gerosa, e illustrata a Palazzo Balbi. Di che si tratta? «È il punto d’arrivo di una ricerca di laboratorio avviata ventidue anni fa», le parole del direttore Gino Gerosa, «e consiste nella produzione di sostituti valvolari biocompatibili ed autorigeneranti. In estrema sintesi, la procedura prende avvio dalla valvola aortica o polmonare recuperata da donatori, sia in caso di morte cerebrale che cardiaca, condizione che consente di mantenere intatta l’architettura della matrice extracellulare trattata, senza modificarne cioè le originali proprietà biomeccaniche ed emodinamiche»; il passo successivo chiama in causa la Fondazione Banca dei Tessuti di Treviso, diretta da Adolfo Paolin, che è partner essenziale del progetto: «Qui le valvole cardiache prelevate da donatore e conservate con il freddo, vengono decellularizzate, cioè private delle cellule», precisa il cardiochirugo.

Il cardiochirurgo Gino Gerosa, la responsabile del team di ricerca Laura Iop e il governatore Luca Zaia
Il cardiochirurgo Gino Gerosa, la responsabile del team di ricerca Laura Iop e il governatore Luca Zaia

Perché tale procedura? «Perché questo processo riduce la degenerazione preceduta dal danno endoteliale con infiltrazione di cellule infiammatorie e calcificazione tipiche degli impianti “homograf” tradizionali. Così la valvola, ridotta ad una sorta di impalcatura di collagene ed elastina che verrà riempita dall'organismo della persona in cui verrà impiantata, è in grado di durare più a lungo». Come dire: la nuova frontiera è quella degli impianti valvolari “personalizzati” finora sperimentata soltanto ad Hannover, in Germania: «Padova sarà il secondo polo del mondo ad adottare questa tecnica che noi riteniamo migliorativa rispetto all’esperienza tedesca».

La terapia è stata convalidata dal Centro Nazionale Trapianti, che ne ha autorizzato l'impiego clinico, rivolto alle cardiopatie congenite pediatriche e dell'adulto, per le quali, a Padova, vengono effettuati interventi su una trentina-quarantina di casi l'anno. A quando il primo impianto? «In tempi molto stretti, siamo pronti». L’incontro si è svolto a Palazzo Balbi perché la Regione ha finanziato buona parte delle ricerche: «Ringrazio del sostegno e della sensibilità il presidente Zaia», ha concluso Gerosa e il governatore, per parte sua. ha consegnato una targa di riconoscimento al direttore e ai componenti del l’équipe di ricerca: la dottoressa Laura Iop (l’attuale responsabile del team), il professore Michele Spina, il dottor Filippo Naso e il dottor Alessandro Gandaglia.

«Grazie a questi scienziati, il Veneto resta un punto di riferimento internazionale e lo possiamo dire a ragion veduta, basandoci sui risultati», la conclusione di Luca Zaia. È un traguardo - certo provvisorio - che segna la radicale discontinuità rispetto a un passato oscuro - quello dello scandalo delle “valvole cardiache killer” che decapitò il centro Gallucci seminando morte e sofferenza tra i pazienti - riportando la specialità di Padova agli standard che le competono per tradizione e soprattutto per qualità delle risorse umane e tecnologiche disponibili.

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