Tangentopoli veneziana: dalla Provincia le prove sulla cricca
Mazzette, l'ente ha fornito molti elementi all'inchiesta, scoperti mentre istruiva le varie pratiche disciplinari nei confronti dei funzionari infedeli. Altri documenti ritrovati nell'immondizia
Gli uffici della Provincia di via Forte Marghera e a sinistra il pm Ancillotto
VENEZIA. Una parte delle prove che sostengono il castello accusatorio contro la «cricca Carlon», sono state fornite dalla stessa amministrazione provinciale che le ha scoperte mentre istruiva le varie pratiche disciplinari nei confronti dei funzionari infedeli. Prove che la Procura non aveva ancora trovato. Se da un verso la notizia che c'era la richiesta di proroga delle indagini può aver favorito gli indagati, dall'altro ha consentito alla Giunta Zaccariotto di aprire i cassetti e controllare anche appalti che fino ad allora non erano finiti sotto la lente d'ingrandimento della Guardia di Finanza e del sostituto Stefano Ancillotto.
Quando nel febbraio dello scorso anno scoppia il caso della «cricca Carlon» e diventa pubblica la notizia che Claudio Carlon e Domenico Ragno sono indagati, l'amministrazione di Ca' Corner affronta la questione. Se da una parte deve tutelarsi e togliere Carlon e Ragno dal posto che occupano, nel contempo non deve fare scelte che possono danneggiare il prosieguo delle indagini. La Procura della Repubblica di Venezia ha fretta anche perchè teme che gli indagati inquinino le prove, del resto Ragno dopo che ha saputo di essere indagato getta diversi documenti compromettenti nel cassonetto dei rifiuti. Non è servito a nulla, comunque, visto che i finanzieri del colonnello Renzo Nisi recuperano tutto.
Istruendo le pratiche disciplinari nei confronti dei due dipendenti infedeli l'amministrazione inizia a scartabellare pratiche su pratiche. E guarda caso s'imbatte su qualche cosa che non ha solo valenza disciplinare interna ma un interesse penale. Scopre atti a firma dei funzionari indagati per lavori pagati ma mai eseguiti, o magari svolti in maniera irregolare. È proprio l'indagine interna a Ca' Corner che consente di scoprire come i lavori al commissariato di polizia di Portogruaro siano stati eseguiti, a dir poco, in maniera distorta. Doveva essere riparato il tetto e Carlon per garantire mazzetta e donazione spiegò all'impresa che bastava mettere delle tegole nuove sopra a quelle vecchie. Un'indicazione che creò nell'imprenditore un sussulto di onestà che lo spinse a dire: «No almeno qui facciamo le cose per bene». Ma nonostante questo «sussulto» i lavori sono stati eseguiti male e per gli stessi c'è stata, secondo gli investigatori, la «donazione». Scoperte le anomalie i documenti, prima che magari sparissero, sono stati consegnati alla Procura. Ma non sono i soli che Ca' Corner ha consegnato al pm Ancillotto.
Da quanto si apprende altre prove, con valenza penale, sono finite sul tavolo del sostituto. Non è escluso che grazie a questo lavoro di controllo interno nell'inchiesta finiscano altri imprenditori. Fin dall'inizio, infatti, gli inquirenti hanno ribadito che questa che si è conclusa con gli arresti dei due funzionari e dei cinque imprenditori è solo la prima tranche dell'inchiesta sulla «cricca». Del resto oltre agli appalti che hanno portato alle sette misure cautelari e che hanno un valore complessivo di cinque milioni di euro, ce ne sono diverse altre decine per un ammontare di venti milioni di euro su cui i fianzieri stanno indagando. È innevitabile immaginare che se fossero tutti vizziati dal metodo di assegnazione Carlon, altri imprenditori sedevano al tavolo della spartizione. Nei prossimi giorni in Procura gli inquirenti faranno il punto sulla situazione per stabilire come continuare l'inchiesta.
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