Tangenti Venezia, l'inchiesta sul Mose in 7 punti
Cosa c'è e chi c'è dietro la Cupola del Mose. Ecco in sette punti, la ricostruzione delle indagini che hanno portato ad arrestare 35 persone e ad indagarne 100.
I 35 arresti.
Mercoledì 4 giugno la procura di Venezia dispone l’arresto di 35 persone e annuncia che ce ne sono almeno altre 100 indagate con le accuse di corruzione, concussione, riciclaggio, frode fiscale e finanziamento illecito di partiti, nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti del Mose. Agli arresti domiciliari finisce il sindaco di Venezia di centrosinistra Giorgio Orsoni. Richiesta d’arresto anche per Giancarlo Galan, già presidente della Regione Veneto, ex ministro per le politiche agricole, oggi deputato di Forza Italia. Vengono arrestati anche l’assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso, il consigliere regionale del Partito democratico Giampiero Marchese, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo e il generale in pensione della guardia di finanza Emilio Spaziante.
(La notizia è presto ripresa dai giornali di tutto il mondo, guarda la galleria fotografica)
Mose
Prima di andare avanti è opportuno ricordare che cosa è il Mose (Modulo sperimentale elettromeccanico). Si tratta di un enorme sistema di barriere mobili ultratecnologiche messe vicino ai varchi che collegano la laguna di Venezia con il mare. Il suo fine è proteggere la città dalle alte maree. La costruzione del Mose è iniziata nel 2003, e finora è stato realizzato l’80 per cento dell’opera, per un costo di 4 miliardi e 987 milioni. L’ultimo stanziamento, di quasi un miliardo, da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) è del settembre del 2013. Secondo il ministero dell’Economia il progetto sarà completato entro il 2016. Sono soldi pubblici, una mare di soldi pubblici, che entrano direttamente nelle tasche di un soggetto privato, il Consorzio Venezia Nuova. Il Consorzio Venezia Nuova è concessionario unico dei lavori, vale a dire che ha la gestione degli appalti senza gara, quindi senza concorrenza alcuna.
Video: come funziona il Mose
L’inchiesta
I magistrati della procura di Venezia indagavano da anni sul Mose. Nel 2009 ci fu una verifica fiscale di una delle aziende impegnate nei lavori di costruzione delle barriere, sospettata di avere emesso fatture false o gonfiate per accumulare denaro in dei conti all’estero, da utilizzare poi per corrompere funzionari e politici in Italia. Nel febbraio del 2013 ci sono stati i primi arresti, come quello di Piergiorgio Baita – il presidente di Mantovani, una delle società costruttrici – e Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Giancarlo Galan. E’ dell’estate del 2013 l’arresto di Giovanni Mazzacurati, per lungo tempo presidente del Consorzio Venezia Nuova.
I fondi neri
I pubblici ministeri Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonini hanno scoperto che l’ex manager della Mantovani Giorgio Baita aveva spostato dei fondi del Mose in una serie di conti all’estero. Secondo l’accusa, il denaro veniva trasferito da Claudia Minutillo a San Marino. Qui i soldi venivano riciclati grazie a una finanziaria, la Bmc. Secondo la guardia di finanza, in questo modo almeno 20 milioni di euro sono finiti in fondi neri all’estero.
Il video delle mazzette
E’ stato messo agli atti un video girato dalla guardia di finanza, in cui viene immortalato un pagamento di mazzette. Nei fotogrammi si vede l’imprenditore Nicola Falconi che passa la bustarella a Pio Savioli, consulente del Co.Ve.Co, cooperativa che fa parte del Consorzio Venezia Nuova. L’incontro è avvenuto il 27 aprile 2011 in una pizzeria di Marghera (“Alla Conchiglia”). Il pagamento sarebbe il “nero” che Falconi restituisce a Savioli, corrispondente al sovrapprezzo di una fattura di 18.750 euro emessa il 15 marzo 2011 dal Co.Ve.Co all’imprenditore e pagata il 14 aprile.
Le accuse
Giancarlo Galan avrebbe ricevuto tra il 2005 e il 2011 circa un milione di euro l’anno. A questi soldi, secondo i magistrati, si sommano 1,8 milioni di euro avuti tra il 2006 e il 2008 in cambio di alcuni pareri favorevoli alla realizzazione del progetto. Inoltre Galan avrebbe ottenuto una quota del 7 per cento della società Adria Infrastutture, intestata a un suo prestanome, con conseguente partecipazione agli utili realizzati da quella impresa del Gruppo Mantovani; più il 70 per cento delle quote della società pubblicitaria Nordest Media srl, intestate allo stesso prestanome; più 200 mila euro una tantum, consegnatigli all'hotel Santa Chiara di Venezia nel 2005 tramite la sua ex segretaria Claudia Minutillo; più la ristrutturazione gratuita della sua villa di Cinto Euganeo, sui colli di Padova, per un totale di un milione e cento mila euro, mascherati da fatture false.
Giorgio Orsoni avrebbe ricevuto 110mila euro di finanziamenti illeciti per finanziare la propria campagna elettorale a sindaco di Venezia nel 2010. Mazzacurati ha inoltre parlato di altri pagamenti nei suoi confronti per un totale di 450mila euro. Orsoni il 5 giugno è stato sospeso dalla carica di sindaco di Venezia. Il 6 giugno, nell'interrogatorio di garanzia durato poco più di mezz'ora davanti al gip Alberto Scaramuzza, Orsoni si è dichiarato estraneo ai fatti. "A me – ha dichiarato - hanno chiesto di fare il sindaco, sono un uomo prestato alla politica che non può minimamente fare azioni del genere".
Le reazioni
Dure parole sul caso Mose da parte del premier Matteo Renzi e dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone. "Le regole ci sono, il problema sono i ladri", accusa il primo. "Più grave di Expo", avvisa il secondo. Matteo Renzi ne ha parlato il 5 giugno nel corso di una conferenza stampa al termine del G7 di Bruxelles (VIDEO). "Non è possibile – ha detto Renzi - che chi viene condannato per corruzione dopo 20 anni possa tornare ad occuparsi della cosa pubblica. E' per questo che io ho proposto il Daspo per i politici. Un politico indagato per corruzione fosse per me lo indagherai per alto tradimento". Segue una promessa del premier: "A breve misure anticorruzione". Da parte sua Cantone punta il dito su una vicenda inquietante, su un sistema, quello del Mose, che definisce "ancora più grave rispetto a quanto venuto alla luce per Expo". Per Cantone - che è intervenuto giovedì ai microfoni di 'Prima di tutto', su Radio 1 - "è innegabile che il sistema degli appalti deve essere ripensato" ma cambiare le regole non basta, occorre "discontinuità politica e culturale". E’ sempre del 5 giugno l’attacco di Beppe Grillo. "Noi vinciamo poi, intanto #arrestanovoi", scrive il leader a cinque stelle sul suo blog, accompagnando il post con una foto del premier Matteo Renzi a cui fa seguire un elenco degli arresti in casa dem. Poi ci mette il carico un altro pentastellato, il senatore Michele Giarrusso, che ai microfoni di La Zanzara dice senza mezzi termini: “Io per quelli del Mose, dell’Expo e della Tav vorrei la ghigliottina”.
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