Tangenti Mose: la Corte dei Conti chiederà altri 5,2 milioni a Galan
VENEZIA. Non basterà al deputato Giancarlo Galan andare in affitto in un “villino” per saldare (letteralmente) i suoi conti con la giustizia. Arresti domiciliari a parte, oltre ai 2,6 milioni di euro della multa concordati in sede di patteggiamento per lo scandalo tangenti Mose - che gli sono costati la confisca di villa Rodella da parte dello Stato, visto che non ha trovato come pagarli altrimenti - l’ex governatore veneto rischia ben presto di dovere all’Erario altri 5,2 milioni di euro, se i suoi legali non riuscirarlo a tirarlo fuori dai guai.
È quanto, infatti, si appresta a chiedere all’ex governatore il procuratore aggiunto della Corte dei conti veneta Alberto Mingarelli: il fascicolo sul caso Galan per danno da disservizio e danno all’immagine dello Stato è aperto dal tempo degli arresti per l’inchiesta Tangenti Mose ed aspettava solo che la sentenza - com’è avvenuto - passasse in giudicato.
E definitiva lo è diventata il 3 luglio.E poco importa che si tratti di patteggiamento (come nel caso di Galan) piuttosto che di sentenza di condanna vera e propria: quel che conta ai fini della contestazione è il suo essere diventata definitiva. Perché il codice penale non sana tutti i conti: c’è anche da risarcire il danno all’immagine dello Stato. Così ora partirà la citazione a giudizio, perché per la Procura contabile la legge anti-corruzione 190/2012 è chiara e matematica nel calcolare quanto una tangente contestata a un pubblico amministratore valga quanto a danno all’immagine dello Stato: «Il doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita», recita la norma.
L’ultima parola, naturalmente, spetterà ai giudici della Corte dei Conti: ma nell’attesa della sentenza, scatteranno nuovi sigilli. «Nel giudizio di responsabilità in tema di danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato», recita infatti scrupolosa la norma, «l’entità del danno si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente. In tali giudizi di responsabilità il sequestro conservativo è concesso in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale»
. Quindi, dal momento che villa Rodella è ormai “andata”, di proprietà dello Stato e non più di Galan -e non importa se di valore ben superiore ai 2,6 milioni contestati - la Procura contabile dovrà cercare altri beni da sequestrare al parlamentare. Che, naturalmente, non è l’unico ex amministratore a ritrovarsi presto nella buca delle lettere la citazione contabile. Già definita, ad esempio, è anche la posizione dell’ex magistrato alle Acque Patrizio Cuccioletta (che da parte sua ha pagato il mezzo milione di euro patteggiato oltre alla pena) al quale presto arriverà una citazione da parte del procuratore aggiunto Di Maio. Poi, a sentenza definitiva, toccherà anche all’ex assessore Renato Chisso.
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