Tangenti Mose, i “servizi segreti” bloccarono una perquisizione
VENEZIA. Una perquisizione della Finanza bloccata per 15 ore, per intervento dei servizi segreti, in quel famoso 4 giugno scorso del blitz dell'inchiesta Mose. È uno dei retroscena dell'indagine riferito dal procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio. La perquisizione era quella disposta all'alba di quel giorno dalla Procura nei confronti del colonnello Paolo Splendore, capo dei “servizi segreti” nel Triveneto. I finanzieri, sostanzialmente per trovare riscontro ad alcuni tratti di indagine relativi ad “avvicinamenti” che l'ex ad della Mantovani, Piergiorgio Baita, aveva tentato con gli 007, si presentano a casa di Splendore a Padova e nella sede locale dell'Aisi, l’agenzia informazioni e sicurezza interna diretta dall'ufficiale.
Splendore però si rifiutò di far accedere i finanzieri al proprio pc, opponendo il segreto di Stato. Per sciogliere l'impasse i militari chiamarono uno dei pm dell'inchiesta, Stefano Ancillotto, che a sua volta avvertì Nordio. «Sì, ricordo la telefonata - afferma Nordio - e ho poi parlato con un funzionario dei Servizi a Roma in grado di decidere. La perquisizione è iniziata alle 7 di sera». Questo perché il funzionario dei servizi, intuito che la Procura veneziana non si sarebbe fermata, chiese di poter essere presente alla perquisizione, e fu necessario attenderne l'arrivo in Veneto, 15 ore dopo. Splendore non è indagato nell'inchiesta Mose; il suo nome entra nelle carte dell'inchiesta Mose perché Baita testimoniò ai pm di aver assunto una figlia del colonnello in una società controllata dalla Mantovani.
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