Tangenti Mose: «A Orsoni oltre 180 mila euro in 5 giorni»
In tribunale a Venezia ricostruite le spese della campagna elettorale 2010 dell’ex sindaco candidato. Sequestrato file di un computer del Pd
L'ex sindaco Giorgio Orsoni
VENEZIA. Quanto è costata la campagna elettorale di Giorgio Orsoni, accusato di finanziamento illecito nel processo Mose, per le comunali della primavera 2010? «L’ipotesi di budget ammontava a 437mila euro, poi riformato a 287mila. La cifra è cambiata per la modifica di alcuni voci di spesa quali la tipografia e gli spot in tivù», ha detto ieri in aula il commercialista veneziano Valentino Bonechi, citato come testimone dalla difesa dell’ex sindaco quale mandatario elettorale.
L’accusa. Ma per i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, l’ipotesi è che il rendiconto ufficiale delle spese per la campagna elettorale si sia fermato a 287mile euro – tra le voci di spesa si leggono 62.700 euro per la consulenza comunicazione nazionale 60.415 euro per la tipografia, ma anche 1.100 euro per l’auto a noleggio per Orsoni – e che la quota restante sia stata pagata anche da Mazzacurati, come peraltro l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova aveva sostenuto nel memoriale consegnato alla Procura e come confermato anche il suo ex segretario Federico Sutto.
Testimoni. Ieri in tribunale era attesa la sfilata dei big citati come testimoni dalla difesa Orsoni, rappresentata dagli avvocati Carlo Tremolada e Francesco Arata, ma non si sono visti Gianni Letta, ex sottosegretario nell’era Berlusconi; l’ex ministro Corrado Passera, il professor Francesco Giavazzi e Luigi Bassetto, ex vicedirettore generale del Comune. Sono attesi il 3 maggio, mentre gli stessi difensori hanno rinunciato a sentire Luca Zaia, Giuseppe Casson e Claudio Orazio.
Un caso? Valentino Bonechi ai pm in aula non ha saputo dire se la differenza di costi della campagna elettorale fosse stata pagata in nero, né se il Pd avesse sostenuto spese non tracciate. A suo dire sia i 437mila che i 287mila euro erano un preventivo, mentre per la Procura i 287mila euro sono il consuntivo, a cui manca “l’aiuto” di Mazzacurati. «Dovevo pagare tutto con bonifico bancario, Orsoni era concorde con questa scelta di trasparenza. La mia preoccupazione era di non sforare».
Il conto. Il conto corrente per le spese elettorali era stato aperto il 12 febbraio 2010 al Banco San Marco «come indicato da Orsoni», ha ricostruito il commercialista, il primo bonifico entra il 17 febbraio: 5mila euro. «Orsoni era molto occupato con la campagna elettorale, ma era anche molto attento alle entrate sul conto. Ero preoccupato che non ci fossero entrate e Orsoni mi aveva detto di stare tranquillo, che sarebbero arrivati i soldi ma non mi aveva anticipato nominativi», ha ricostruito Bonechi. Erano i giorni tra il 18 e il 20 marzo.
Le date sospette. Il pm Ancilotto, carte alla mano, ha fatto notare come circa il 50% dei finanziamenti -oltre 180mila euro - sia arrivato negli ultimi 5 giorni di campagna elettorale a fine marzo. Soldi versati specie da aziende, in particolare da aziende nell’orbita del Cvn: 50mila euro dalla San Martino e ancora Clea, Cam e altre. Solo un caso? «Non c’era un codice etico sui finanziamenti graditi o meno», ha chiarito Bonechi.
Il partito. Nella penultima udienza, sentito come imputato, Orsoni aveva detto che per la campagna elettorale «il partito pensava a tutto» e ancora «Non ho mai ricevuto denaro da Mazzacurati». Citato come teste della difesa c’era anche Alessandro Maggioni, al tempo segretario comunale Pd, incalzato dalle domande dei rappresentanti della Procura in particolare sulle spese per le primarie di Orsoni. Il pm Ancilotto ha mostrato a sorpresa un file Excel (sequestrato durante le perquisizioni nella sede del Pd a Mestre a luglio 2013) creato il 22 dicembre 2009 e salvato per l’ultima volta il 5 febbraio 2010 con il budget di massima delle primarie che oscilla tra i 35 e i 65mila euro. L’autore che si visualizza nelle proprietà del file è Alessandro Maggioni. Il quale però ha negato di aver materialmente redatto quel documento. «Gli aspetti economici erano in carico alla parte provinciale del partito». Salvo poi ammettere che «Avevo contribuito all’impostazione di quel documento a titolo personale».
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