TANGENTI Il tesoriere rosso Marchese furioso all’idea di lavorare
VENEZIA «La consolidata totale contiguità del politico Giampietro Marchese con Giovanni Mazzacurati e il Consorzio Venezia Nuova da questi presieduto, con ruolo di tramite per Pio Savioli nell’ambito di questo rapporto, è acclarata in modo più che netto». È una delle frasi che si trovano nelle 27 cartelle delle motivazioni che hanno spinto i giudici del Tribunale del riesame di Venezia presieduto da Angelo Risi a concedere al consigliere regionale del Pd Marchese gli arresti domiciliari - era in carcere - ma a ritenere nei suoi confronti «La sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza», per il reato di illecito finanziamento al partito.
A dimostrazione della contiguità dell’esponente del Pd al presidente del Consorzio Venezia Nuova, il giudice relatore Alberta Beccaro riporta l’intercettazione di una telefonata tra Marchese e Pio Savioli, rappresentante delle cooperative rosse nel Consorzio; il primo dice al secondo «Dovresti ricordare a Mazzacurati che gli ho chiesto almeno un milione di lavori per l’elettricista... Tu digli che dentro l’Arsenale o da un’altra parte deve trovarmi una milionata di lavoro. Devo dargli una mano a questo che solo nel 2005 nelle campagne elettorati provinciali, regionali e politiche mi ha sempre dato 25 mila euro al colpo».
La tesi dei pubblici ministeri Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini è che Marchese avrebbe incassato almeno 500 mila euro (solo Savioli afferma di aver personalmente effettuato consegne dirette di contante all’esponente del Pd per circa 180 mila euro), tutto denaro proveniente «Da provviste illecitamente costituite dal Consorzio Venezia Nuova». Sarebbero stati consegnati a Marchese in un arco di tempo pluriennale, «sempre e comunque con consegne brevi manu e in nero». In alcuni casi sarebbe stato Mazzacurati a portare i soldi, in altri Savioli o «ancora Federico Sutto», il segretario del primo. C’è poi l’assunzione fittizia per 35 mila euro presso una società (la Eit Studio) che gravita nell’ambito delle cooperative che lavorano con il Consorzio. Nelle motivazioni del Tribunale veneziano si segnala che, grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche, si nota «in particolare il tono irritato e preoccupato alla sola prospettiva di dover realmente lavorare adottato da Marchese».
«Dovrei lavorare dal lunedì al venerdì compreso?», chiede il consigliere regionale, che allora non era ancora tale, a Franco Morbiolo, direttore di una cooperativa e pure lui poi arrestato, che gli risponde: «Lascia perdere quello che c’è scritto». E Marchese giù con una bestemmia, poi sbotta «Lavorare fino alle 18,30!».
Sul conto di Marchese, che risiede a Jesolo in una bella villa con piscina coperta da un tetto apribile che ha acquistato alcuni anni fa dalla famiglia del boss sandonatese della mala del Brenta Silvano Maritan, «Emerge una sistematica reiterazione delle condotte criminose: poteva contare addirittura su una vera e propria regolare cadenza fissa quadrimestrale quanto alle corresponsioni brevi manu da 15 mila euro ciascuna operate da Savioli in suo favore quale tramite del Consorzio». Per i giudici è significativo che Mazzacurati e gli altri del Consorzio si fossero impegnati a trovare una giustificazione formalmente regolare, quella dell’assunzione, anche in un momento in cui non rivestiva alcuna carica, segno evidente dell’influenza che rivestiva sulla scena politica locale. Ma «trattandosi in ogni caso di condotte non più in essere già da tempo, la misura degli arresti domiciliari è idonea a fronteggiare le esigenze cautelari».
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