Taliercio, 30 anni fa l'assassinio dell'ingegnere buono del Petrolchimico

Il 5 luglio del 1981 fu ritrovato il corpo di Giuseppe Taliercio, direttore dello stabilimento Montedison di Porto Marghera, ucciso dalle Br. Il ricordo del figlio Antonio, che all'epoca aveva 12 anni: "La sua morte ci ha uniti"
MARGHERA. Il 5 luglio del 1981, la colonna veneta delle Brigate Rosse fece ritrovare vicino al Petrolchimico di Marghera il cadavere dell'ingegner Giuseppe Taliercio, 53 anni, direttore dello stabilimento Montedison di Porto Marghera. Era stato rapito, mentre pranzava a casa, il 20 maggio di quell'anno. Come avviene oramai da 30 anni, questa mattina don Franco De Pieri nella parocchia di San Paolo a Mestre celebra una messa per i famigliari e gli amici dell'ingegnere.


Taliercio venne ucciso con 17 colpi di pistola dal brigastista Antonio Savasta, dopo 46 giorni di prigionia, torture e gli ultimi cinque anche di completo digiuno. L'omicidio Taliercio seguì quelli di Sergio Gori, vice direttore del Petrolchimico e di Alfredo Albanese, dirigente della Digos.


Antonio Taliercio è il figlio più giovane dell'ingegnere. Aveva 12 anni quando rapirono e uccisero il padre. È l'ultimo di cinque fratelli. Quella mattina di maggio è a scuola quando le Br sequestrano il padre. «Frequentavo la scuola a tempo pieno all'Astori di Mogliano. All'uscita, mentre attendo il pullman alla fermata, arrivano a prendermi degli amici di famiglia. Non capisco perchè. Durante il viaggio hanno comimnciato a farmi discorsi strani che non riuscivo a collegare tra loro», ricorda Antonio.


«Poco prima di arrivare davanti a casa, mi hanno detto che papà era stato rapito. Davanti al palazzo, in via Milano, lo stesso in cui abito ancora oggi con la mamma, ho visto tanta gente e polizia. Sono corso in casa e anche lì tante persone. Ho cercato i miei fratelli, la mamma. Siamo sempre stati una famiglia unita. E la morte di papà ci ha unito ancora di più. Per questo abbiamo sofferto, negli ultimi anni, tantissimo, per la morte di Elda e Bianca, le mie sorelle. Di quei momenti ho dei ricordi nitidi anche perchè ero consapevole del clima di quegli anni», continua Antonio. «Papà ne parlava sempre in famiglia: delle preoccupazioni e del fatto che poteva toccare anche a lui quanto successo a Gori. E nonostante questa sua consapevolezza non ha mai voluto la scorta perché diceva sempre: per colpa mia non deve morire nessuno, se vogliono me prendano me. Era un modo per proteggerci».

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