«Tagliatemi la mano, così non compio una strage». Ricoverato, ma ora è libero

Un uomo si presenta al pronto soccorso dell'Angelo con una strana richiesta, viene curato in psichiatria. Considerato dalla polizia "pericoloso", doveva essere trasferito al Cie di Torino, ma è stato rimandato a Mestre. Nessuno riesce a espellerlo

MESTRE. «Alla fine c'è un matto in libertà. E pure pericoloso». Uno dei quattro uomini e donne, agenti della polizia di Stato, si passa una mano sugli occhi. Due di loro sono padre e madre di famiglia e sanno che c'è un nuovo pericolo in città, creato dalla malaburocrazia.

Tutto inizia il 15 luglio. Al pronto soccorso dell'ospedale dell'Angelo si presenta un uomo, magrebino, agitatissimo e che fa una richiesta ai medici molto particolare. «Voleva che gli tagliassero una mano e gli amputassero anche quattro dita dell'altra», racconta il poliziotto più giovane, «dicendo che così non avrebbe più potuto compiere la strage che doveva fare». Un povero matto.

Il pronto soccorso chiama il 113 e arriva una volante. «I colleghi», racconta la poliziotta, «hanno valutato la situazione e poi, dopo aver sentito la storia della strage, hanno chiamato comunque i colleghi della Digos, responsabili per le indagini sul terrorismo, che hanno interrogato l'uomo, che intanto era sempre più agitato».La storia sembra chiudersi qui: il paziente che chiede di farsi amputare mano e quattro dita viene sedato e affidato alle cure del reparto di psichiatria dell'ospedale, che lo prende in cura.

Tutto bene, almeno fino a mercoledì 16 agosto. Due giorni fa. «L'ospedale ha dimesso l'uomo», spiega un funzionario, «con due pagine di lettera di dimissioni. La Questura ha valutato a quale Centro di identificazione ed espulsione (Cie) affidarlo ed è stato trovato quello di Torino che, contattato, ha dato il via libera».A questo punto due agenti sono stati inviati, con una macchina della polizia a prelevare l'uomo dalla Psichiatria e a portarlo a Torino. «I colleghi lo hanno trovato sedato e lo hanno dovuto portare, senza ausilio nemmeno di un infermiere, a Torino, un viaggio di 4 ore e mezza». Ma qui la sorpresa: «Il medico del Cie si è rifiutato di accettare l'uomo, sia perché era sedato sia perché, in base alla lettera di dimissione, era psichicamente instabile. I colleghi lo hanno dovuto quindi riportare indietro, altre quattro ore e mezza».

Sembra una scena di "l'ultima corvée". Tutta l'Italia del nord attraversata in lungo e in largo. Per nulla. E qua la malaburocrazia dà il meglio di sé. «Non abbiamo potuto riportarlo in Psichiatria dato che il reparto l'aveva dimesso, tra l'altro con un costo di 5 mila euro. Non potevamo trattenerlo, perché non ha commesso reati. Morale: gli è stata consegnata la lettera di espulsione».

Cioè è libero. «Sì, gli è stato ordinato di presentarsi tra 7 giorni, come prevede la legge». Quindi un uomo psichicamente instabile che annuncia di dover fare un attentato in questo momento è libero per la città.

«Sì, e c'è anche la nota...». Che nota? I poliziotti si guardano. «Quella della Digos. I colleghi hanno segnalato l'uomo come "persona pericolosa", ma nessuno ha potuto trattenerlo».Libero? Nuovo sguardo. «Libero».

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