Suor Margherita: «Papa Luciani era sereno quando morì»
BELLUNO. Immaginatevi un Papa che va a dire alla suora: non occorre, sorella, che stiri tutta la camicia, bastano il polso ed il collo, il resto non si vede. Proprio così era Papa Luciani, come l'ha raccontato ieri sera a Belluno suor Margherita Marin, trevigiana di Riese Pio X, ma in convento a Vittorio Veneto, l'unica superstite delle quattro suore di Maria Bambina che hanno assistito Giovanni Paolo I nei 34 giorni di pontificato.
È stata lei, insieme a suor Vincenza Taffarel, un'altra trevigiana, a trovarlo morto, la mattina del 29 settembre, all'alba. Per la prima volta suor Margherita ha raccontato in pubblico quella vicenda, molto discussa - per anni si è detto e scritto che il pontefice bellunese era stato avvelenato -, affermando anche lei, come i medici, che si è trattato di un decesso naturale.
In seminario a Belluno, infatti, è stato presentato il volume di Stefania Falasca "Papa Luciani. Cronaca di una morte" (Piemme), con la partecipazione dell'autrice, che fra l'altro è la vicepostulatrice della causa di beatificazione, il vescovo di Belluno mons. Renato Marangoni, don Davide Fiocco, coordinatore bellunese del processo, il vaticanista Andrea Tornielli.
Suor Margherita quanti anni aveva nel 1978? E che cosa faceva in Vaticano? «Avevo 37 anni, ero la più giovane delle quattro suore che facevano parte della famiglia del Papa e mi occupavo del guardaroba».
La prima innovazione di Giovanni Paolo I? «Luciani ammise anche noi suore alla messa del mattino nella cappella del suo appartamento. Con Paolo VI, invece, celebravano solo i segretari».
Lei faceva anche la sacrestana di questa chiesetta. «Sì. Preparavo per la celebrazione della messa. Ma già alle 5.30 del mattino il Papa trovava il caffè pronto in sacrestia».
Come si comportava Luciani con voi suore? «Era sempre molto affabile, non metteva soggezione».
Di che umore era quel 28 settembre 1978, nelle ore immediatamente precedenti la morte? «Non era assolutamente preoccupato. Quel giorno ha lavorato molto in appartamento, per preparare un discorso ai vescovi. Pregate, ci diceva, perché il Signore mi ha affidato un compito così grande».
Vi parlava in dialetto veneto? «Sì, spesso. Il mattino presto leggeva i giornali e, tra questi, anche un quotidiano veneto. Talvolta li commentava con noi, appunto in dialetto. "Ma vedi come mi hanno preso...", chiosava osservando le foto che lo riguardavano».
Non è accaduto nulla di strano 28 settembre? «Assolutamente no. Si è svegliato, ha celebrato, ha fatto la colazione, ha letto i giornali e si è messo al lavoro. Poi, passeggiando, mentre leggeva, è venuto anche in stireria dove si è appoggiato per scrivere qualcosa. Ed è stato in questo frangente che mi ha invitato a stirare solo i polsi e il colletto delle camice perché, mi ha spiegato, il resto non si vede. Nel pomeriggio ha recitato i vespri con il segretario irlandese, in lingua inglese, quindi ha cenato e, come al solito, ci ha dato la buonanotte. Mi ha chiesto se tutto era pronto per la celebrazione del mattino, aggiungendo: "se il Signore vuole, celebreremo...". Era sereno, per nulla affaticato. So che in serata ha fatto una telefonata di mezz'ora al cardinale Colombo, arcivescovo di Milano, perché convincesse il salesiano Viganò ad accettare la designazione a Patriarca di Venezia».
Si sa, però, che quella sera Luciani ebbe una fitta al petto. «Sì, lo confidò ai segretari. Ma lui stesso non ci diede peso».
La mattina dopo che cosa accadde? «Alle 5.15 portammo il caffè in sacrestia. Andai a prendere la spesa lasciata sull'ascensore e alle 5.30, vedendo che il caffè era ancora lì, ci preoccupammo. Suor Vincenza si diresse alla camera, bussò e dall'interno non ci fu risposta. Aprì e mi disse: "vieni, vieni". Quando si avvicinò al letto, esclamò: "questo non me lo dovevi fare" e si girò verso di me».
Il papa era disteso a letto?«Sì, ed era molto sereno. Aveva gli occhiali sul naso e in mano tre fogli. Non aveva un volto sofferente. La morte era stata fulminea».
Che cosa c'era scritto in quei tre fogli? «Riuscii a leggere solo una frase: "mangione e beone". Una frase del Vangelo. Probabilmente erano appunti per l'udienza del giorno successivo».
Vi fu imbarazzo quando arrivarono i suoi collaboratori?«I cardinali Villot e Poletti erano preoccupati perché non sapevano come comunicare questa notizia al mondo, considerando la simpatia che papa Luciani stava progressivamente guadagnando».
Ma voi suore vi eravate accorte se il Papa, in precedenza, stava male? Che cosa mangiava? «Stava bene. Non seguiva alcuna dieta particolare. Era in forze, per niente affaticato».
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