Suicidio assistito «Gianni amava la vita, ma soffriva troppo»»
VENEZIA. «Gianni è stato un esempio per molti, la sua vita è stata all'insegna dell’impegno: per gli animali, che difendeva attraverso le iniziative con la Lav, per l’accoglienza dei migranti, per la pace, contro il Mose e contro il passaggio delle grandi navi in laguna. E soprattutto a favore dei diritti civili. Per questo la sua scelta di andarsene con la dolce morte è una testimonianza di coerenza, l'ultima battaglia nella speranza che al più presto il parlamento garantisca i diritti dei malati sul fine vita».
Le parole sono quelle degli amici più cari, consapevoli che è per il suo impegno che Emanuela Di Sanzo vuole ricordare il marito, Gianni Trez, morto martedì a 65 anni nella struttura di Pfafficokon, vicino a Zurigo, cui si era rivolto tramite le associazioni Exit e Dignitas per il suicidio assistito.
«Ma da qui in poi», spiega la donna al telefono, «questa diventa una vicenda privata, non voglio trasformarla in una telenovela». La scelta del suicidio assistito Gianni Trez la prese due anni fa, con l’arrivo della malattia: un tumore alla lingua che, nonostante due operazioni e due cicli di radioterapia, non se ne era andato, impedendogli, negli ultimi mesi, di poter mangiare autonomamente, di poter parlare, e di poter dormire. E che gli provocava dolori lancinanti. «Mio marito amava la vita, era una roccia, ma era davvero stanco di soffrire. Prima di morire ha provato una sensazione di liberazione, e io l'ho provata con lui», le parole affidate dalla moglie ai cronisti, a Zurigo per raccontare la storia di Dj Fabo, morto nella stessa struttura svizzera, il giorno prima di Trez.
Mercoledì sera la moglie Emanuela, 63 anni, ex dipendente del Magistrato alle Acque, e la figlia Marta, 29, sono tornate a casa, nell’appartamento di Sant’Elena, dopo il viaggio in treno da Zurigo. Trez, per volontà della famiglia, sarà cremato. Pensionato Telecom, innamorato della vita e della natura, animalista e vegano, perché salutista ma soprattutto per rispetto nei confronti degli animali, attivista Lav, in prima linea anche per i diritti civili. Gli amici della Lav lo ricordano, in una delle ultime volte che aveva partecipato a iniziative pubbliche, in Piazza San Marco, il 17 settembre del 2016: un flash-mob contro la caccia. Poiché in molti vorrebbero salutarlo, e abbracciarlo, gli amici della Lav stanno organizzando un incontro, una piccola cerimonia pubblica. «Sarà il nostro modo, d’intesa con la famiglia, per ricordare il suo impegno, non solo nella Lav», spiega l’amica Cristina Romieri.
E anche per promuovere la raccolta fondi per un rifugio Lav a Semproniano (Grosseto) che ospiterà animali sequestrati dai circhi, un’altra delle battaglie che vedeva Gianni sempre in prima linea. Una raccolta fondi in ricordo di Gianni e del suo amato Charlie, il suo cane morto un anno fa - a lui aveva dedicato una poesia, la pubblichiamo qui a lato - dopo essere stato azzannato da quattro cani di grossa taglia. Lo aveva salvato, 13 anni prima, dall’isola di Sant’Andrea. Ieri è arrivato anche l’affetto del presidente nazionale Lav, Gianluca Felicetti: «Ciao Gianni, continueremo ad abbracciare i tuoi cari, di ogni specie. I semi che hai piantato con noi, fioriranno».
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