Stufe a pellet vietate in centro storico per rischio incendi. «Ma restano molto diffuse»

Confartigianato Venezia lancia l’allarme: dispositivi illegittimi e molto inquinanti. Eppure i sacchi di combustibile sono in vendita nei negozi

VENEZIA. «Illegittime ed altamente inquinanti, ma purtroppo il centro storico di Venezia ne è pieno». A lanciare l’allarme sul dilagare delle stufe ad uso domestico alimentati con il diffusissimo pellet, il combustibile ricavato dalla segatura, è Massimiliano Rasa, presidente del settore impianti di Confartigianato Venezia.

Rasa denuncia l’inarrestabile diffusione di questo tipo di impianti vietato ma oramai talmente diffuso che «oggi tra la grande distribuzione e i negozi di vicinato si possono comprare senza nessun problema sacchi e sacchi di combustibile dedicato a questi sistemi di riscaldamento che, proprio secondo la normativa per la Salvaguardia di Venezia, sono vietatissimi da sempre». «Ci sembra molto pericoloso», continua Rasa, «che nessuno finora sia intervenuto. Eppure questo tipo di stufe, oltre a poter causare incendi e danni notevoli alla città in caso di incidenti domestici, rappresentano una vera e propria fonte di inquinamento pesantissimo, visto che questa tipologia di bruciatori è più inquinante delle caldaie a gas soprattutto in termini di produzione di polveri sottili, le micidiali Pm10».

Eppure la legge è chiara. A Venezia, fatta eccezione per le case sparse non servite da metanodotto, è consentito soltanto l’uso di combustibili gassosi (metano e simili) nonché di energia elettrica. «E quindi tutti questi impianti sono dannosi, pericolosi ed abusivi. Ne consegue», evidenzia Giampaolo Toso di Confartigianato Venezia, «che a Venezia, Murano, Burano, Lido, Pellestrina e Sant’Erasmo e in tutte le altre isole ove sia presente la rete di distribuzione del gas metano ne è vietato l’utilizzo e di conseguenza l’installazione. Eppure sempre più negozi vendono pellet e altri tipi di combustibili liquidi e solidi, segno che non si tratta più di casi isolati, ma di una diffusione di questi impianti ormai fuori controllo».

«Vista la portata del fenomeno», conclude Massimiliano Rasa, «come associazione abbiamo la responsabilità di segnalare questo elemento che a detta anche dei nostri tecnici aggrava la situazione già precaria della sicurezza degli impianti ad uso domestico a Venezia». —
 

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