Studente diciottenne si toglie la vita
PONTE DI PIAVE. Diceva agli amici di amare il lupo perché è un animale che si aggrega al branco ma sa anche vivere da solo. E come il suo animale preferito, che se l’era fatto tatuare sull’avambraccio sinistro, Enrico sapeva stare in compagnia con gli amici ma anche eclissarsi. Un ragazzo solare e solitario. Alla fine, il lato oscuro della sua personalità ha prevalso sulla gioia di vivere che sempre manifestava quando era in compagnia degli amici.
All’alba di ieri Enrico Gaggion, 18 anni, studente dell’ultimo anno dell’Itis Volterra di San Donà, è stato trovato privo di vita. Aveva voluto farla finita, lasciando un vuoto incolmabile tra i familiari ed i moltissimi amici. In un biglietto ha lasciato un saluto ai genitori, Rino ed Emanuela, e alla sorella Elena, ai quali era legatissimo. Nessuna spiegazione del gesto. A spingerlo a farla finita è stato il male di vivere con il quale, hanno appurato le forze dell’ordine, Enrico stava lottando da tempo, assistito anche da uno psicoterapeuta.
La tragedia è stata scoperta ieri mattina, poco dopo le 7.30, in una casa di Levada, una frazione di Ponte di Piave. È stato il padre, Rino, a intuire che qualcosa non andava. Enrico, che in genere si svegliava puntualmente alle 7 per andare a scuola, stranamente non s’era fatto vivo in cucina per fare colazione. Così l’uomo è entrato nella camera da letto del figlio e l’ha trovato soffocato da una corda. Accanto al corpo, un biglietto di saluti ai suoi familiari. Il padre, disperato, ha subito capito che non c’era più nulla da fare. Il suo adorato Enrico aveva deciso di farla finita nella maniera più tragica e forse inimmaginabile per chi gli stava da sempre vicino. I carabinieri della stazione di Ponte di Piave, intervenuti sul posto, non hanno potuto fare altro che trascrivere un verbale e, su disposizione della procura, rimuovere il corpo senza vita del giovane.
La notizia della morte del giovane ha fatto velocemente il giro del paese. Increduli gli amici, sotto choc i parenti. Per la famiglia parla Marco, il cognato: «Enrico», spiega il cognato, che parla a nome anche del padre Rino, «era un ragazzo tranquillo e solare, che non aveva nessuna difficoltà a fare amicizie. Un giovane alla mano e di compagnia: non riusciamo ancora a renderci conto di quello che è successo. È dura metabolizzare una tragedia del genere. Un ragazzo che non aveva grilli per la testa. A scuola andava bene e avevatanti amici».
Il ricordo commosso di Enrico lo fa un suo caro amico: «Era un ragazzo d’oro, sempre allegro. Gli piaceva stare in compagnia e andare a ballare in discoteca. Un grande tifoso della Juve che andava a seguire ogni tanto allo stadio. Gli piaceva divertirsi. Qualche tempo fa s’era fatto tatuare un lupo. Diceva che era un animale che sapeva vivere in branco ma anche stare da solo. Proprio come lui».
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