Studente cambia sesso, la scuola non lo riconosce
CHIOGGIA. Alta, bionda, con lunghi capelli sciolti sulle spalle, jeans e camicia arancione e un trucco sobrio. La ragazza che camminava nervosamente nel corridoio della scuola Marchetti, di fronte alla segreteria, non poteva passare inosservata. E non solo per l'aspetto fisico. Era arrabbiata, urlava al telefono con qualche sconosciuto interlocutore e stava sfogando la rabbia per il modo in cui era stata trattata.
Dalle sue parole i presenti hanno capito la causa del problema: lei, una volta, era “lui”, e ora si stava scontrando contro una burocrazia che la riconosceva solo a metà, all'anagrafe sì, a scuola no. «Basta» diceva al telefono «mi trattano come fossi una marziana. Chioggia è una città di ignoranti. Me ne vado... vado a stare via di qua». A sentirla c'erano diverse persone, imbarazzate quanto lei, forse anche di più, per quella situazione dove l'evidente lato comico della vicenda tradiva anche una sofferenza interiore durata anni e non ancora dimenticata. La donna (perché tale è fisicamente, psicologicamente e anagraficamente) era reduce da uno “scontro” con le incolpevoli impiegate della segreteria. Lei era andata lì per avere copia di qualche documento scolastico, forse un diploma, da usare per le mille incombenze quotidiane. Il problema è che quella scuola l'aveva frequentata molti anni prima, quando era ancora un ragazzino brufoloso, magari anche preso in giro dagli amici per i suoi modi effeminati.
La scuola, le era stato appena detto, non poteva rilasciare nulla a nome suo, perché lei non esisteva come ex allieva e non poteva rilasciare a “lei” i documenti di “lui” perché formalmente si tratta di due persone diverse. «Ma come» ribatteva la donna «ho cambiato il nome all'anagrafe, mi sono messa in regola. Faccio un'autocertificazione. Chiamate in municipio, vi diranno come stanno le cose».
Ma non c'era nulla da fare: serviva la solita “carta” che confermasse le sue dichiarazioni. Ed è stato mentre si lamentava, al telefono, dell'inutilità dei suoi sforzi, che la donna è stata “soccorsa” dall'intervento del dirigente scolastico che era stato informato (e aveva capito anche dallo sbraitare in corridoio) che c'era un problema da risolvere.
Dopo un ulteriore spiegazione con l'ex studente, il dirigente, a sua volta, ha chiamato l'anagrafe comunale e l'ufficio gli avrebbe garantito che, nel giro di un paio di giorni, l'interessata avrebbe ottenuto un certificato con cui dimostrare “burocraticamente” che le sue due identità sono, in realtà, la stessa persona.
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