Storie e utopie ricordando Basaglia
VENEZIA. «L’unico strumento di trasformazione della realtà è l’utopia, ma il mondo cambia quando un’utopia viene condivisa. Ecco, quando l’utopia riesce a entrare in relazione con milioni di persone, allora le cose cambiano». Così lo scrittore e regista Walter Veltroni, primo segretario del Pd, ha ricordato ieri il lavoro immenso dello psichiatra Franco Basaglia al quale è stato dedicato l’ultimo appuntamento della manifestazione “Un futuro mai visto”, promossa dalla Fondazione Con il Sud in occasione del suo decimo compleanno.
L’incontro, promosso con la Fondazione Venezia e la Fondazione Franca e Franco Basaglia, ha reso omaggio a una delle figure più controverse e rivoluzionarie del nostro Paese, all’uomo che ha creato un modo nuovo di concepire la follia e di prendersi cura delle persone che la vivono. Quasi 40 anni dopo la famosa e discussa legge 180, approvata il 13 maggio del 1978 dal Parlamento e che ha riformato radicalmente i principi del trattamento psichiatrico, e dopo aver esaminato altre figure storiche contemporanee (Danilo Dolci, Renata Fonte, Adriano Olivetti, don Lorenzo Milani), gli organizzatori hanno scelto Basaglia per realizzare quel “futuro mai visto” e auspicato, e «per sottolineare una necessaria rottura culturale con schemi e paradigmi» intitolando la giornata di studi “Franco Basaglia: l’utopia della realtà”.
Numerosi e appassionati gli interventi nella sede dell’Unesco, tra cui quello presidente della Fondazione Con il Sud, Carlo Borgomeo che ha ricordato «come realtà e utopia, in Italia e soprattutto al Sud, possano coesistere, generare innovazione sociale e creare un modo nuovo di fare sviluppo».
«Discutere oggi di Franco Basaglia - ha aggiunto Maria Grazia Giannichedda, presidente della Fondazione Basaglia e tra i più stretti collaboratori dello psichiatra a Trieste e Roma - significa ritrovare le radici e i fatti concreti che hanno influenzato l'approvazione della Legge 180 e riscoprire così il Basaglia che è stato insieme critico del presente e propositore di un modo nuovo e diverso di affrontare il problema della follia e di contrastare i più generali processi di esclusione sociale».
Ed è proprio la riconquista di sé e del rapporto con gli altri, è lo stesso principio che anima il “Festival dei matti”. «Una società, per dirsi civile - ha spiegato la curatrice Anna Poma - deve accettare la follia tanto quanto accetta la ragione».
Manuela Pivato
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