Stop degrado, Brugnaro “copia” Firenze
«Le delibere sul decoro di Firenze? Sono d’accordo. Stiamo studiando il modo di fare qualcosa di simile anche a Venezia». Il sindaco Luigi Brugnaro accoglie con favore la proposta che viene da molti settori cittadini - associazioni per la tutela in testa - di passare all’azione contro il «degrado turistico». Negozi che vendono merci di scarsa qualità, fast food e chincaglierie cinesi, insegne e arredi che non sono degni di una città d’arte.
«Stiamo studiando quei provvedimenti», dice Brugnaro, «e adesso vedremo il da farsi. Ma sulla questione sono pienamente d’accordo. Con il sindaco di Firenze poi siamo in continuo contatto». Brugnaro spiega che sta lavorando a un progetto di turismo comune. Il “treno della cultura”, che possa offrire pacchetti ai turisti che arrivano a Roma o a Venezia per la visita di Firenze e degli scavi etruschi a prezzo scontato. «Dovremo anche varare provvedimenti comuni», continua Brugnaro, «così nel caso questi venissero impugnati al Tar potremmo avere più forza contrattuale nei confronti del governo».
Venezia e Firenze sono le città d’arte più visitate in Italia dopo Roma. Soggette però a un degrado continuo, che ne mette a repentaglio la bellezza. Negozi di vicinato e locali tipici che lasciano il posto ad anonimi luoghi con arredi poco tradizionali. Merci che nulla hanno a che vedere con le produzioni tipiche e l’artigianato locale, fast food e botteghe per i turisti mordi e fuggi spesso anche senza vetrine. Un vortice che sembra inarrestabile. E che ha convinto l’Unesco a inviare una diffida a Venezia e Firenze, minacciando di togliere le due città d’arte dai siti “Patrimonio dell’umanità”.
In laguna al numero ormai soffocante di visitatori - 27 milioni nel 2015 - si aggiunge una trasformazione che provoca la chiusura delle botteghe storiche, degli artigiani e dei negozi di vicinato, lasciando spazio ad articoli poco pregiati per il turismo di massa. Adesso Firenze ha deciso di dire “basta”. La giunta del sindaco renziano Dario Nardella ha approvato un pacchetto di delibere che istituiscono nuovi vincoli. Sugli obblighi per i nuovi locali, gli orari, le merceologìe consentite.
Ieri Ca’ Farsetti ha chiesto a Firenze la copia dei provvedimenti, che adesso dovranno essere approvati in via definitiva dal consiglio comunale del capoluogo toscano. «Dobbiamo vedere cosa si può fare», dice Brugnaro, «Venezia ha anche una sua specificità. Ma il principio è sacrosanto. Le nostre città d’arte vanno tutelate». Per ora una dichiarazione di intenti, che però potrebbe preludere a una nuova normativa comunale a tutela della specificità della città storica. Qualche anno fa ci aveva provato l’assessore al Commercio Giuseppe Bortolussi (giunta Cacciari) con i pianini e i vincoli per determinate zone della città. Ma il progetto si era presto arenato. Dunque, a dispetto dei proclami sulla difesa delle attività tradizionali, nessun provvedimento è stato applicato con rigore. La legge nazionale ha fatto il resto, consentendo l’apertura di bar e negozi che vendono gli stessi articoli senza più numero chiuso o limiti di distanza, nel nome della liberalizzazione.
Risultato, Venezia si sta trasformando in una qualunque periferia, con bar e negozi tutti uguali che tutto vendono fuorché le specialità del luogo. «Disneyland? Magari, lì c’è almeno un controllo sulle merci vendute», scherza un anziano architetto. Un problema che adesso il Comune ha intenzione di affrontare. Anche se il tempo è quasi scaduto.
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