Stop ai take away? Non prima di settembre

L’assessore Boraso: «Questione complessa, saremo un modello per il Veneto». A Venezia presenti 1103 esercizi di ristorazione: 20 ogni mille abitanti, cinque volte in più rispetto alla media nazionale 

VENEZIA. La delibera per ridurre i take away sarà pronta a settembre, prima non se ne parla. Il rischio è che da qui ai prossimi mesi le richieste per aprire attività di kebab o simili si moltiplichino, come già avvenuto quando l’anno scorso si era diffusa la notizia che sarebbe presto arrivata una legge per regolamentarne l’apertura.

È infatti passato già un anno da quando, ad aprile 2017, il Comune aveva approvato la delibera «per limitare l’esercizio di attività non compatibili con le esigenze di salvaguardia del decoro e delle tradizioni di Venezia le cui modalità di preparazione e vendita siano finalizzate al consumo su pubblica via».

Un anno, ma i risultati si vedranno dopo l’estate. Per arrivare al cambiamento si deve infatti arrivare a un’intesa con la Regione, procedere con il voto del consiglio comunale e modificare il Regolamento dell’amministrazione comunale.

Modello per il Veneto. «Siamo a buon punto» ha spiegato l’assessore ai Trasporti e alla Gestione del patrimonio Renato Boraso, delegato per Bolkenstein e plateatici «L’Ufficio Commercio si è già incontrato una decina di volte con la Regione, l’ultima proprio lo scorso venerdì. Siamo i primi in Veneto a farlo e questo grazie all’intuizione del sindaco Luigi Brugnaro che ha voluto con decisione dare un giro di vite sui kebab e ci siamo quasi. Dopo di noi, il modello potrà essere utilizzato anche in altre città venete. Tenete presente che è la prima volta che si affronta questo cambiamento. Comune e Regione stanno collaborando benissimo». In Italia Firenze già dall’anno scorso ha attivato uno specifico regolamento sul centro storico, limitando l’apertura dei take away. I primi di maggio il provvedimento portato avanti da Venezia dovrebbe essere pronto, ma per essere attivo si dovrà attendere settembre.

GIORNALISTA: Morsego.AGENZIA FOTO: Candussi.LUOGO: sede Veritas, Mestre.DESCRIZIONE: incontro pubblico per presentare il progetto di messa in sicurezza dell'incrocio tra via Martiri della Libertà e via Porto di Cavergnago - nella foto: Borato Renato
GIORNALISTA: Morsego.AGENZIA FOTO: Candussi.LUOGO: sede Veritas, Mestre.DESCRIZIONE: incontro pubblico per presentare il progetto di messa in sicurezza dell'incrocio tra via Martiri della Libertà e via Porto di Cavergnago - nella foto: Borato Renato


«In pratica cambieremo due punti» prosegue Boraso «Quello sull’igiene e quello sulla polizia urbana per consentire più controlli. Una volta raggiunta l’intesa, bisogna ratificare la delibera in Comune e procedere alla modifica delle norme. Da quel momento in poi le aperture dei take away saranno centellinate. Sui locali già aperti non possiamo intervenire, ma i controlli si intensificheranno per tutti e saranno a tappeto».

Lo studio Iuav. Che le richieste siano aumentate nell’ultimo anno è stato chiaro anche all’Università Iuav che ha appena pubblicato la ricerca “Paesaggi del cibo a Venezia”, diretta dalla docente Matelda Rheo e consultabile nel sito www.iuav.it. Dall’indagine, svolta dagli studenti del corso di laurea in Urbanistica e Pianificazione del Territorio, si evincono molti dati interessanti e altrettante proposte, per esempio su come riutilizzare l’umido o per limitare l’impatto dei rifiuti in città. «A Venezia arrivano 6.600 metri cubi di merce al giorno» spiega Rheo, docente alla Triennale di Politiche del paesaggio e dello spazio rurale e alla magistrale di Politiche ambientali «Studiare l’impatto del cibo significa studiare come viene distribuito, riciclato e utilizzato».

I dati, ricavati dalla Camera di Commercio e risalenti a fine 2016, parlano di 1.348 esercizi di ristorazione (take away inclusi) a Venezia città storica più isole. Se escludiamo la laguna, in città ci sono 1.103 esercizi per meno di 55 mila abitanti, un numero cinque volte superiore alla media nazionale (4,4 ogni 1000 abitanti in Italia, mentre a Venezia 20 esercizi su 1000 abitanti).

Il sestiere con più esercizi è Cannaregio (241), seguito da Castello e Sant’Elena (239), San Marco (193), Dorsoduro (159), San Polo (134), Santa Croce (114) e Giudecca (29), ma se si va ad analizzare l’impatto degli esercizi sul numero degli abitanti del sestiere, al primo posto c’è San Marco con 51,5 esercizi ogni 1000 abitanti (un locale ogni due residenti) e al secondo c’è San Polo con 28,8 ristoranti o take away ogni mille abitanti.

«Abbiamo chiesto alla Camera di Commercio i numeri del 2017» prosegue Rheo «Perché abbiamo rilevato che c’è stato un aumento di take away. La quantità di cibo che si consuma a Venezia pone una domanda anche sulla qualità. Una ricerca svolta con l’Aepe evidenzia una tendenza dei ristoranti a cercare prodotti sostenibili. A fronte di questo invece abbiamo una perdita di qualità sull’offerta di massa». Le proposte potrebbero essere l’utilizzo di materiale con meno impatto ambientale. Per i ristoranti in altre regioni sono attivi dei protocolli tra amministrazione ed esercizi per incentivare a non buttare via il cibo e incentivare l’utilizzo di prodotti locali. «Per l’umido» conclude Rheo «abbiamo proposto o punti di raccolta o riportare gli avanzi alle aziende agricole. C’è bisogno di un cambiamento culturale, pensiamo a quanto cibo scartato potrebbe servire nell’ambito dell’inclusione sociale».

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