Stop ai nuovi intonaci se alterano gli edifici

Anche se il colore resta lo stesso, servirà l’autorizzazione paesaggistica Il problema sollevato dalla Soprintendenza, finora bastava il sì del Comune
Di Enrico Tantucci
Interpress/Mazzega Tantucci Venezia, 11.11.2014.- Intonaci Veneziani.-
Interpress/Mazzega Tantucci Venezia, 11.11.2014.- Intonaci Veneziani.-

Stop ai nuovi intonaci fai-da-te per le facciate degli edifici del centro storico, se alterano il loro aspetto originario. In questo caso, anche se verrà mantenuto lo stesso colore dell’intonaco precedente, servirà infatti l’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza ai Beni Architettonici di Venezia e non basterà più - come avviene attualmente (tranne che per gli immobili vincolati) - il semplice via libera del Comune.

A sollevare il problema - evidentemente non soddisfatta di alcuni dei rifacimenti di intonaci che si vedono attualmente in città - è stata la stessa soprintendente Renata Codello, ponendo il quesito alla Direzione Regionale dei Beni Culturali del Veneto. La domanda della soprintendente al direttore regionale Ugo Soragni era appunto se fosse legittimo invitare il Comune a interpellare preliminarmente la Soprintendenza ogni qual volta un intervento - anche tra quelli per cui oggi non è necessaria l’autorizzazione paesaggistica, come appunto il rifacimento degli intonaci dello stesso colore - alteri in modo oggettivo gli edifici.

«Ciò è possibile - spiega l’architetto Soragni, che ha già risposto in questo senso alla soprintendente - se l’alterazione degli edifici è percepibile. Un intonaco, ad esempio, può essere dello stesso colore di quello precedente, ma essere lucido anziché opaco, o avere una “grana” diversa e questo può determinare, una volta che sia stato rifatto, un aspetto molto diverso della facciata dell’edificio. In questo caso l’autorizzazione paesaggistica è necessaria e deve essere lo stesso Comune, una volta che un privato a una società invìi la richiesta di autorizzazione dell’intervento, a farlo presente».

Una “patata bollente” scaricata anche nelle mani del Comune, dunque, perché se esso non avrà sollecitato al privato, in casi come questo, la necessità di un’autorizzazione paesaggistica per il rifacimento di un intonaco, ci sarebbe - scrive Soragni rispondendo all’architetto Codello una «elusione del dettato normativo, in termini tali da legittimare l’intervento di questa Amministrazione, fatte salve le conseguenze, derivanti, anche sul piano penale, da tale condotta». Insomma, se l’alterazione paesaggistica ci fosse, a giudizio della Soprintendenza, rischierebbero sia il privato, sia il Comune che gli ha permesso l’intervento senza chiedere il via libera dell’ufficio periferico dei Beni Culturali. Visto che si tratta di «percezione» - come sottolinea la Direzione regionale - il confine tra ciò che è permesso e ciò che è da autorizzare rischia di diventare molto sottile, a cominciare proprio dagli intonaci rifatti con il colore precedente.

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