«Stop ai menù turistici e ai souvenir»

La ricetta di Red Canzian dei Pooh: una città elegante, con la spiaggia curatissima, puntiamo alla grande tradizione veneta
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - ERACLEA - FOTO DEI RICORDI DI RED CANZIAN CON I POOH
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - ERACLEA - FOTO DEI RICORDI DI RED CANZIAN CON I POOH
JESOLO. A Jesolo ci è arrivato ancora da bambino, per le vacanze al mare con la famiglia. E a Red Canzian e ai Pooh, decenni dopo, Jesolo ha dedicato un tratto di lungomare delle stelle. I ricordi ora si snodano lentamente, pensando alla Jesolo di ieri e quella di oggi. Tante cose sono cambiate e Canzian pensa che il primo obiettivo debba essere la qualità dell’offerta turista che qualche volta lascia ancora a desiderare.


Cosa trovi di cambiato?


«Oggi Jesolo è diventata un posto elegante, dall’architettura moderna, che ricorda, in certi punti, Miami Beach, ma appena ci spostiamo verso l’interno, verso Cavallino, dalle parti di Lio Piccolo, ritroviamo il vero sapore di questa terra, fatto di acqua salmastra, di fenicotteri rosa, di valli per la piscicoltura naturale, come si praticava un tempo, gestendo l’acqua delle maree, una laguna selvaggia, addomesticata dalle coltivazioni di “castraure”, i piccoli carciofi viola e amari, preziosa fonte di guadagno e caratteristica prelibatezza».


Pregi e difetti di Jesolo?


«Come dicevo, a me Jesolo riporta a ricordi della mia infanzia, che sono circondati da un alone di delicata serenità, i pregi che saltano all’occhio, ad esempio, sono nella gestione della spiaggia, sempre più curata e ricca di servizi, o nella realizzazione di alcune strutture alberghiere di altissimo livello, come l’Almar, ma se proprio devo trovare qualche difetto, cercherei di rendere più varia e qualitativa la proposta culinaria dei ristoranti, un po’ troppo fossilizzati sui “menù turistici”. Per il resto del mondo, siamo considerati il paese dell’alta cucina, e non possiamo deludere, andando avanti a colpi di frittura mista. Per lo stesso concetto di qualità del prodotto italiano, consiglierei di modificare la proposta dei “negozi da souvenir”, con qualcosa di più nostro, legato alla storia del territorio, all’artigianato veneto, quello vero insomma, per capirci, meno Cina e più Murano. La sfida del futuro la potremo vincere solo valorizzando le eccellenze della nostra terra, nel rispetto della nostra storia e della nostra identità non trasformando le località turistiche in tanti spersonalizzati luna park».


Ci sono state le elezioni da pochi giorni, cosa suggeriresti al sindaco di Jesolo per crescere ancora nel panorama del turismo internazionale?


«Io non mi sono mai occupato di politica e perciò non mi permetto di dare alcun consiglio, sicuramente farei dei danni. Ma credo che ogni uomo, ogni cittadino, e quindi anche il sindaco, che è a capo dei suoi concittadini, deve amare la propria città, come se fosse casa sua e quindi proteggerla e curarla, perché nel bello si vive meglio, perché solo migliorando le nostre abitudini si cresce, perché solo così potremo offrire qualcosa di speciale e unico, e non solo al turista, ma anche ai nostri figli, che saranno i testimoni futuri delle nostre scelte».


Quando sei venuto a Jesolo la prima volta e dove andavi in vacanza?


«Avevo forse quattro anni. Papà, pur non essendo noi assolutamente ricchi, volle farci provare l’emozione della famiglia che va in vacanza e così, per l’occasione, affittò una Fiat 1400 nera e lucida, che usò per portarci da Treviso a Jesolo, ma, una volta scaricati noi e i bagagli, siccome la doveva pagare a ore, ritornò a Treviso a riportarla indietro e ci raggiunse nuovamente con la corriera. Affittavamo una stanza dalla famiglia Alno, nella stradina che passava al lato dell’Istituto Marino, una stanza in quattro, ma che bello, finalmente tutti insieme, perché il papà lo vedevamo poco. Faceva il camionista e, quando partiva, a volte stava via anche 15 giorni di seguito. Fuori dalla stanza c’era un pergolato di vite che creava una fresca ombra e sotto al quale noi mangiavamo a mezzogiorno, su un tavolo con la tovaglia plastificata, facile da pulire».


Che ricordi hai di quella Jesolo di un tempo?


«
Ricordo le telline, le piccole vongole che con il papà, andavamo a raccogliere il mattino presto, con un grande rastrello che lui si era costruito e che trainava con due vecchie cinghie delle tapparelle, che si passava sulle spalle e poi, all’ora di pranzo, c’era la gara a chi arrivava prima, per accaparrarsi il gas per cucinare. L’unico che c’era, posizionato in corridoio, e che doveva servire a tutte e quattro le famiglie in affitto in quella casa. Ricordo il costume da bagno di lana che la mamma mi aveva fatto e che diventava pesantissimo una volta entrato in acqua, ricordo il primo juke-box che arrivò al bar vicino alla spiaggia, pieno di luci e con un suono bellissimo, e ricordo le canzoni di Elvis Presley, che mi hanno fatto avvicinare alla musica con un interesse diverso. Ricordo i primi amori, quelli che ancora non ci si baciava, ma che vivevano di una sensazione nuova, fino alla successiva estate, ed erano accompagnati da decine di lettere dolcissime e innocenti, che ci si scriveva. E, a proposito di amori, in una di queste vacanze, mia sorella si innamorò di un ragazzo di Jesolo, Gino, che poi sposò e dal quale ha avuto tre figli».


Ci sei tornato anni dopoa Jesolo o ci torni ancora di tanto in tanto, dopo che con i Pooh ti è stato intitolato oltretutto un tratto di lungomare delle stelle?


«
Jesolo resta, nel mio immaginario, il luogo delle vacanze da bambino, ma anche la palestra formativa, per fare il musicista. Ho cominciato a suonare sotto l’ombrellone quella mia prima chitarra. E poi ho suonato per mesi interi, d’estate, al Whisky a GoGo in Pineta e al Maxim, in piazza Mazzini, locali dove si cominciava alle 21 e si finiva quando anche l’ultima coppietta se ne andava via. Sicuramente, allora, non potevo immaginare che un giorno, con i miei amici dei Pooh, Jesolo ci avrebbe intitolato addirittura un tratto di lungomare».


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