Stalking contro l’ex moglie pena confermata in appello

L’imputato per un mese aveva indossato il braccialetto elettronico. Ora dovrà pagare la provvisionale di 6 mila euro e non potrà più avvicinarsi alla vittima


Conferma della condanna a 18 mesi di reclusione e obbligo di versare alla sua ex moglie la provvisionale di 6mila euro stabilita dal giudice di primo grado. Se così non sarà entro i tempi previsti, l’imputato non potrà beneficiare della sospensione condizionale della pena e scatterà quindi l’esecuzione della pena stessa. Così ha deciso ieri pomeriggio la Corte d’Appello di Venezia sul ricorso presentato dall’imputato che a fine marzo era stato condannato per stalking e lesioni personali ai danni della sua ex a cui aveva reso la vita un inferno. Seimila euro di provvisionale che rappresentano per la donna, difesa dall’avvocato Matteo Lazzaro, un acconto rispetto al risarcimento che la vittima chiederà in sede civile.


Il caso era finito alla ribalta delle cronache all’inizio del 2017 non tanto per la tipologia del reato, purtroppo sempre più frequente nelle aule dei tribunali, quanto più per la scelta della giudice monocratica di Venezia Irene Casol di dotare sia l’imputato, accusato di aver perseguitato la donna e pure di averla picchiata, che la vittima del braccialetto elettronico. Era l’unico caso in Italia di doppio braccialetto elettronico ed era durato soltanto un mese poiché secondo il pubblico ministero il dispositivo era troppo invadente per la vittima, nonostante lei stessa avesse dichiarato che il braccialetto la facesse sentire più sicura.


Tolto il dispositivo, il tribunale aveva disposto a carico dello stalker il divieto di avvicinamento in un raggio di 250 metri alla casa della sua ex, oltre che ai luoghi che lei frequenti. Un divieto, questo, che tuttora resta in vigore e che potrà essere eventualmente cancellato solo dopo che la sentenza passerà in giudicato e l’uomo pagherà le sue pendenze come deciso dalla giudice monocratica e confermato in appello.


La sentenza è stata impugnata dall’imputato davanti alla Corte d’Appello con l’obiettivo di ottenere la revoca della pena o quanto meno una sua riduzione. Ma i giudici di secondo grado hanno ritenuto l’uomo responsabile del reato di stalking. Questo nonostante nel corso del processo di primo grado il difensore dell’imputato avesse chiesto di derubricare il reato a quello meno grave di molestie, e le lesioni in percosse, sostenendo che i medici del pronto soccorso a cui la donna si era rivolta dopo l’ennesimo litigio avevano accertato ferite giudicate guaribili in cinque giorni. Un periodo breve, che secondo la difesa testimoniava l’entità minima delle lesioni sulla donna.


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