Sposa bambina comprata, imprigionata e seviziata. 5 anni alla suocera aguzzina
VENEZIA. Venduta come sposa a 13 anni per 3 mila euro, è stata segregata in casa e picchiata dalla suocera dopo essere stata violentata da quello che doveva diventare suo marito, un 17enne che doveva avere la prova della sua illibatezza. Ieri, in tribunale a Venezia, la sua aguzzina, Jasar Nermin, macedone di 37 anni, residente in via del Bosco a Marghera, è stata condannata a 4 anni per i reati di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni aggravate. Il figlio invece, accusato anche di violenza sessuale, era già stato condannato a 6 anni dal tribunale dei minori nel 2014.
Vita rovinata. La vittima vive ancora in una struttura privata, ed è stata più volte oggetto di minacce di morte dalla famiglia che l’aveva comprata. Ieri, in aula, c’era il marito della 37enne che, dopo la lettura della sentenza, è tornato a pronunciare minacce di morte nei confronti della ragazza. Il collegio, presieduto dal giudice Sara Natto, ha previsto anche una provvisionale di 10 mila euro alla parte civile, rappresentata dall’avvocato Luca Mandro, da liquidarsi in sede civile. Il pubblico ministero, Lucia D’Alessandro, aveva chiesto nella sua requisitoria una condanna a 5 anni, per una storia terribile che era venuta alla luce nell’agosto del 2012, quando quella ragazzina era riuscita a scappare dalla casa nelle quale era rinchiusa e costantemente picchiata.
L'incubo. La sposa bambina era stata comprata a Skopje, ma non piaceva al promesso sposo che anche per questo aveva cominciato a picchiarla. L'ha violentata e ha mostrato i segni della fanciullezza perduta ai parenti arrivati a Marghera per celebrare l'addio all'illibatezza della sposa bambina, uscendo dalla stanza e mostrando il lenzuolo.
Torture. Lei chiusa in camera e loro a fare festa. E quando lei - privata del passaporto e della libertà - provava a ribellarsi e scappare, la violenza si faceva più feroce: scariche elettriche nella vasca piena di acqua e di sale. Ma bastava anche molto meno per scatenare la furia del ragazzo e della madre. La ragazza viene picchiata perché accusata di fare il caffè troppo amaro, ferita alle braccia con un coltello perché responsabile di aver pulito male la stanza.
La fuga. È un incubo dal quale, dopo quattro mesi di prigionia, riesce a fuggire approfittando di un attimo di distrazione, a inizio agosto, riesce a fuggire e a chiedere aiuto alle prime persone che trova dopo essere scesa di corsa nell’androne del palazzo. Dal quel momento le indagini vengono affidate agli uomini della Squadra mobile della questura veneziana che ricostruiscono l’incubo in cui era caduta la ragazzina ascoltata in incidente probatorio, come si usa fare in casi come questi con i minori.
Minacce di morte. Ora, dopo essere stata accolta in varie strutture protette, la ragazza sta cercando di ricostruirsi una vita, anche se deve fare i conti con le continue minacce di morte che, come è emerso anche dalle intercettazioni, le sono state rivolte da quella famiglia che ha trasformato una bambina in una prigioniera, negandole la spensieratezza dell’età.
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