Spinea, donna positiva in casa di riposo ma solo al secondo tampone

SPINEA. Il focolaio di positivi e decessi alla rsa Villa Fiorita di Spinea e soprattutto il caso di un anziano risultato inizialmente negativo al tampone rapido, morto di Covid nel giro di cinque giorni, allarma ora le famiglie degli ospiti. La casa di riposo Villa Fiorita è diventata teatro di uno dei focolai più dirompenti in questa seconda ondata, con almeno 84 persone positive: 21 operatori e 63 anziani ospiti e due decessi lo scorso fine settimana.
E la paura dei parenti diventa un grido di aiuto.
«Non riusciamo a sapere come sta nostra madre. Venerdì 30 ottobre ci hanno comunicato l’esito negativo del tampone ma lunedì 2 novemnre abbiamo ricevuto dalla casa di riposo la informazione che dopo un nuovo tampone ora risulta positiva. Ed è iniziato per noi un vero e proprio dramma, senza aggiornamenti costanti. Abbiamo saputo dalla lettura del vostro giornale della presenza del focolaio e siamo preoccupati». A parlare è Alessandra che vive a Mestre. Da mesi è in cassa integrazione per la crisi di lavoro in aeroporto dove da quindici anni opera.
«Ma la retta assieme a mio fratello la paghiamo sempre. Piuttosto non mangio ma quei duemila euro li troviamo», spiega. La madre, gravemente cardiopatica, ha 85 anni e da due anni è ospite di villa Fiorita, dopo il peggioramento delle sue condizioni generali.
La notizia del tampone prima negativo e poi positivo dopo un nuovo esame laringofaringeo ha letteralmente gettato nel panico Alessandra e il fratello. Perché temono un tragico epilogo come quello dell’anziano ospite, negativo al test rapido ma poi risultato positivo al tampone.
«Da metà febbraio non possiamo fare visita a nostra madre. A maggio abbiamo potuto vederla da una vetrata. Poi sono riprese le videochiamate due volte la settimana. Solo grazie al vostro giornale abbiamo saputo del focolaio in atto e sapere che mia madre ora è diventata positiva ci allarma. Lo ripeto: venerdì hanno detto che il tampone eseguito era negativo e lunedì ci hanno comunicato che il tampone laringofaringeo invece era positivo».
La donna ha la voce che trema per la paura.
« Mi terrorizza il fatto che anche se vado alla casa di riposo oppure telefono, come ho fatto in questi giorni, non trovo qualcuno che dia informazioni dettagliate sulle sue condizioni. Mi hanno detto che chiameranno loro e lo psicologo, l’ultimo a chiamarmi per informarmi del nuovo tampone, ha detto che ora entro dieci giorni eseguiranno un altro test. E che ci faranno sapere», dice.
«Ma io non so come sta mia madre: se non ha sintomi, se ha la febbre, se le sue condizioni sono gravi e sarà necessario un ricovero. E questa carenza informativa mi getta nel panico. Perché io e mio fratello abbiamo solo lei. Mio padre è morto da anni e negli ultimi tempi sapevamo che faticava anche a mangiare». La sua è una delle tante voci dell’altra faccia della tragedia, spesso silenziosa: quella dei parenti degli anziani ospiti di Rsa, positivi al Covid-19. Alessandra chiede aiuto: «Servirebbe un servizio di supporto per le famiglie e serve che le case di riposo vengano aiutate. Il personale di medici, operatori, infermieri forse non basta. Se la situazione è grave, dovrebbero essere aiutati. E noi famiglie non dovremmo attaccarci per ore al telefono per trovare qualcuno che ci dia qualche informazione. Dovrebbe esserci un canale che ci informa ogni giorno sulle condizioni dei nostri cari. E invece si impazzisce. Anche noi da soli». —
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