Spinea, cellulare rubato in regalo. Padre e figlio a processo

L’uomo si era rivolto a un collega per acquistare sul web un telefonino da donare al figlio, studente universitario. Sono entrambi accusati di ricettazione

SPINEA. Sostengono di essere ricettatori a loro insaputa e di essere finiti in questa storia - e ora pure a processo - per una leggerezza. Ossia quella di essersi affidati a un amico per l’acquisto di un cellulare di marca BlackBerry. Padre e figlio di Spinea, M.C., 69 anni, di professione ferroviere, e A.C., 29 anni, studente all’Università, entrambi senza alcun precedente con la giustizia, sono finiti davanti al giudice di Treviso, visto che il reato si sarebbe consumato nella Marca e a Casier vive il proprietario originale del BlackBerry. A difendere padre e figlio dall’accusa di ricettazione, l’avvocato Mauro Serpico.

La vicenda finita in tribunale parte con un regalo. Il cellulare di ultima generazione era infatti il dono che il papà voleva fare al figlio. E per l’acquisto aveva chiesto aiuto a un collega di lavoro che spesso si metteva a disposizione dei conoscenti per comperare prodotti tecnologici sui siti Internet. Così apparentemente anche questa volta l’affare sarebbe stato fatto sul web. O almeno così credeva il padre quando l’amico gli aveva consegnato il BlackBerry nella sua scatola originale, senza alcun segno che potesse far pensare a una fregatura.

Un acquisto che peraltro non era stato nemmeno così conveniente, visto che il risparmio ottenuto dal padre era stato di una cinquantina di euro rispetto al prezzo di listino del cellulare. Il regalo era stato consegnato e il ragazzo aveva iniziato a usare il dispositivo. Non era stato difficile per la polizia risalire allo studente universitario nell’ambito delle indagini scattate nel 2012 su quello che risulterà essere un BlackBerry rubato. Padre e figlio erano stati destinatari di una perquisizione domiciliare nel corso della quale era stato ritrovato il telefonino. L’ipotesi di reato a loro carico in prima battuta era di furto. Accusa dalla quale i due avevano preso le distanze, raccontando alle forze dell’ordine la genesi di quell’acquisto e i vari passaggi. Le indagini avevano portato ad accertare che a commettere il furto fosse stato un corriere espresso che avrebbe dovuto consegnare l’apparecchio a un uomo di Casier che lo aveva regolarmente acquistato e lo stava invano attendendo a casa. Perché a casa sua, quel BlackBerry non è mai arrivato. È finito nelle mani prima del padre e poi del ragazzo, attraverso il fantomatico collega che millantava esperienza negli acquisti sul web: entrambi, ora accusati di ricettazione, ribadiscono di non sapere nulla sull’origine del cellulare e di trovarsi loro malgrado in questa vicenda che va avanti da quasi cinque anni e ora è approdata in tribunale. Con una sfaccettatura che sa da pena del contrappasso: a processo c’è anche il corriere accusato del furto. Ma per lui il reato è prescritto, a differenza di quello contestato a padre e figlio.
 

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