Spiaggia “fascista”, non ci sono reati
Chioggia. La Procura ha chiesto l’archiviazione per il caso di Playa Punta Canna con i cartelli che inneggiavano al Duce
CHIOGGIA. Nonostante gli slogan fascisti urlati ai bagnanti dagli altoparlanti e i cartelli disseminati in spiaggia che inneggiavano al Duce e al Ventennio, per la Procura non si può parlare di Playa Punta Canna, a Sottomarina, come di una “spiaggia fascista”. Al termine delle indagini scattate a luglio dopo il reportage di
Repubblica
, il procuratore capo Bruno Cherchi e la sostituto procuratore Francesca Crupi hanno presentato la richiesta di archiviazione per Gianni Scarpa, il “colorito” gestore dello stabilimento balneare – poi diventato anche commentatore radiofonico – finito al centro delle polemiche. L’ipotesi di reato a carico di Scarpa era di apologia del fascismo in violazione della legge Scelba.
Ma la Procura, al termine degli approfondimenti delegati alla Digos, ha chiarito che i pensieri del gestore non possono essere configurati come apologia del fascismo. Perché ci sia il reato è necessario che siano messe in atto attività di proselitismo e di pericolo per lo Stato e l’istituzione democratica. Cosa che, sulla spiaggia di Sottomarina, non è stata accertata. Quelle di Scarpa, casomai, sono state esternazioni che – pur forti – rientrano nel diritto di manifestazione del pensiero sancito dalla Costituzione. Ora sulla richiesta di archiviazione della Procura dovrà esprimersi il gip, ma la linea tracciata dall’ufficio coordinato da Cherchi è chiaro: a Punta Canna non c’è stata apologia del fascismo. Una decisione, ha spiegato ieri il procuratore capo, in conformità alle interpretazioni della legge Scelba da parte di Corte Costituzionale e Cassazione.
Playa Punta Canna era diventata quest’estate un caso nazionale con le citazioni di Mussolini, le frasi nostalgiche, i pannelli che minacciavano punizioni per i trasgressori («Riservato ai clienti, altrimenti manganello sui denti»). E ancora i cartelli che ben poco spazio lasciavano all’interpretazione: «Zona antidemocratica e a regime. Non rompete i c...»; «Difendere la proprietà sparando a vista ad altezza d’uomo: se non ti piace, me ne frego». E dal megafono, parlando ai bagnanti-clienti nei periodici discorsi a scandire il ritmo delle giornate allo stabilimento: «La democrazia mi fa schifo. Sono totalmente antidemocratico e sono per il regime. Ma non potendolo esercitare fuori da casa mia, lo esercito a casa mia». E ancora: «Sono per lo sterminio totale dei tossici». Di quei cartelli, dopo le polemiche e il provvedimento del prefetto, sono rimasti solo quelli che – pur di dubbio gusto – non sono di chiara matrice fascista. A sostenere Scarpa nel pieno della bufera era arrivato anche Matteo Salvini. E nonostante tutto, i clienti hanno continuato ad affollare Punta Canna per l’intera stagione. Quasi a voler testimoniare il gradimento delle regole di Scarpa: ordine, pulizia, disciplina.
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