Spese per le elezioni: Brugnaro nel mirino
VENEZIA. Sono sei gli esponenti politici ai quali il Collegio di garanzia elettorale ha chiesto chiarimenti o giustificazioni sulle spese elettorali sostenute nella campagna del 2015. Con le comunicazioni inviate alla fine dello scorso anno, dopo le due sedute di dicembre, sono state contestate vere e proprie irregolarità al sindaco di Verona Flavio Tosi, all’attuale presidente della giunta veneta, il leghista Luca Zaia, al capogruppo del Pd Alessandra Moretti, a quello del Movimento 5 Stelle Jacopo Berti, tutti candidati presidenti in Regione, e per le elezioni comunali al sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, e a quello di Rovigo, Massimo Bergamin, entrambi del centro destra. Hanno 15 giorni per rispondere e chiarire. Per tutti gli altri, le dichiarazioni sono state giudicate regolari dal Collegio, composto da dieci membri (magistrati, docenti universitari e due commercialisti), di cui è presidente il giudice della Corte d’appello di Venezia Gioacchino Termini (il segretario è il cancelliere della stessa Corte Alberto Ponticello).
Nella comunicazione inviata all’attuale presidente della giunta regionale si legge che «dall’esame della dichiarazione si rileva l’irregolarità di seguito descritta: nella dichiarazione inviata il 17 agosto 2015 afferma di non aver sostenuto spese né ricevuto alcun contributo». Così, il Collegio di garanzia chiede «se e in che misura ha ricevuto contributi o servizi da parte di altri, essendo notoria la campagna elettorale effettuata». Insomma, i componenti gli spiegano che tutti hanno visto i manifesti con la sua faccia sui muri del Veneto e gli spot in televisione: vogliono sapere chi ha speso i soldi e quanti. Stesso discorso per Berti: anche lui ha dichiarato di aver speso e ricevuto zero. Flavio Tosi, invece, con la dichiarazione inviata il 23 agosto sostiene di aver sostenuto spese per più di dieci volte il limite previsto, sono ben 436.028 euro, quando il tetto massimo previsto per la candidatura in Regione era quello di 38.802 euro. «Si contesta», si legge nella comunicazione inviata a Verona, «il superamento del limite e si chiedono le giustificazioni». Un appunto anche per la Moretti: «Dalla documentazione inviata», si legge, «non risulta pervenuto l’estratto conto del conto corrente bancario aperto dal mandatario elettorale». La capogruppo del Pd sostiene di aver speso 13. 248 euro, ma deve dimostrare quanti contributi e da chi li ha ricevuti, un riscontro che per ora manca. Anche lei ha 15 giorni per chiarire. Così come Tosi, anche Brugnaro avrebbe sforato il limite permesso per le spese elettorali come candidato sindaco in laguna (il tetto per Venezia era di 336 mila euro). Sostiene di aver speso 315.590 euro.
Le contestazioni mosse al sindaco di Venezia sono numerose. La prima: «Non ha prodotto un estratto conto integrale del suo mandatario elettorale, bensì solo fino alla data del 30 giugno 2015». A differenza che per le regionali, le comunali si sono tenute il 31 maggio, ma per chi è andato al ballottaggio c’è stato anche la tornata del 14 giugno. E Brugnaro, non inviando le spese sostenute per il secondo turno, vorrebbe far credere che per quegli ulteriori 12 giorni di campagna elettorale non ha speso un euro. Seconda contestazione. «Risultano degli “accrediti diversi” versati l’8 maggio (cinquemila euro), il 5 giugno (diecimila euro) e l’8 giugno (sessantamila euro) dei quali non si evince la provenienza». Ultima e più grave contestazione: «Infine, i beni e i servizi indicati quali forniti dal candidato sono in realtà beni e servizi per cui il pagamento è stato verosimilmente utilizzato un conto diverso da quello intestato al mandatario elettorale». La comunicazione inviata al sindaco gli chiede di «specificare la fonte di provenienza e chiede se il valore dei beni e servizi forniti dal candidato si riferisce a pagamenti effettuati al di fuori del conto intestato al mandatario per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge numero 15 del 1993». In un allegato, Brugnaro scrive infatti di aver speso di tasca sua 187.600 euro per la campagna elettorale, cifra finita nel conto dei 315 mila dichiarati, ma aggiunge di aver speso altri 584 euro non versati nel conto, ma soprattutto altri 54.814 euro per beni e servizi. Il Collegio chiede chiarimenti e giustificazioni, visto che 315 mila più 54.584 fa 369 mila euro, con uno sforamento di oltre 30mila euro. Infine, per restare nelle comunali, c’è la questione che riguarda il sindaco di Rovigo.Massimo Bergamin non avrebbe inviato al Collegio elettorale, presso la Corte d’appello, alcuna dichiarazione. Una sua dichiarazione, comunque, esiste: si è limitato a pubblicarla sul sito del Comune di cui è primo cittadino.
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