Spese elettorali, archiviato il caso Brugnaro
Il Collegio di garanzia elettorale presieduto dal giudice di Corte d’appello Giacchino Termini ha deciso il non luogo a procedere per il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro per quanto riguarda le spese della sua campagna elettorale. Dopo che per quattro volte il Collegio, composto da magistrati, docenti universitari e commercialisti, ha chiesto la documentazione contabile sulle spese sostenute durante la campagna elettorale del 2015 al primo cittadino lagunare, trascinando la decisione fino a due giorni fa, ben un anno e mezzo dopo le elezioni amministrative. Era l’unica posizione rimasta ancora in sospeso dopo le archiviazioni per il presidente della giunta veneta Luca Zaia e per gli altri candidati alla presidenza di palazzo Balbi, Alessandra Moretti e Flavio Tosi. Martedì scorso, nel tardo pomeriggio, i componenti dell’organo di controllo, dopo aver ricevuto gli ultimi documenti, anche quelli inviati dalla sezione veneta della Corte dei conti che valuta invece le spese sostenute dai partiti che appoggiano i candidati, hanno votato e deciso che anche la posizione di Brugnaro andava archiviata perché è riuscito a dimostrare che tutte le risorse impegnate nella campagna elettorale che superano il tetto previsto dalla legge (poco più di 330 mila euro) sono stati spesi per i candidati della lista elettorale che lo sosteneva, insomma quella che per gli altri era del partito di ciascuno.
Ecco la precedente contestazione mossa a Brugnaro: «Risultano degli "accrediti diversi" versati l'8 maggio (cinquemila euro), il 5 giugno (diecimila euro) e l'8 giugno (sessantamila euro) dei quali non si evince la provenienza». Ultimo e più grave appunto: «Infine, i beni e i servizi indicati quali forniti dal candidato sono in realtà beni e servizi per cui il pagamento è stato verosimilmente utilizzato un conto diverso da quello intestato al mandatario elettorale». La comunicazione inviata al sindaco gli chiedeva di «specificare la fonte di provenienza e chiede se il valore dei beni e servizi forniti dal candidato si riferisce a pagamenti effettuati al di fuori del conto intestato al mandatario per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge numero 15 del 1993». In un allegato, Brugnaro aveva scritto infatti di aver speso di tasca sua 187.600 euro per la campagna elettorale, cifra finita nel conto dei 315 mila dichiarati, ma aggiunge di aver speso altri 584 euro non versati nel conto, ma soprattutto altri 54.814 euro per beni e servizi. Il Collegio elettorale aveva chiesto chiarimenti e giustificazioni, visto che 315 mila più 54.584 fa 369 mila euro, con uno sforamento di oltre 30 mila euro. In seguito, il sindaco aveva potuto dimostrare che quei 340 mila euro erano stati spesi per propagandare la sua candidatura, ma ben prima che iniziasse la campagna elettorale.
Giorgio Cecchetti
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