Sparisce la cassa peota e i soci trascinano il presidente in tribunale

I soci, soprattutto anziani, versavano piccole quote settimanali con l’impegno di riavere i soldi per Natale per i classici regali ai nipoti. Presentate tre denunce 

SAN DONÀ. Quei soldi venivano versati settimanalmente dai soci, per la maggior parte anziani, con l’impegno alla restituzione sotto Natale, giusto in tempo per i regali ai nipoti. Ma alla fine del 2012 quelle somme non erano state rese ai soci come da accordi e nemmeno le diffide arrivate dall’avvocato avevano scaturito l’effetto sperato. È così che Giampietro Carniel, 65 anni di San Donà, difeso dall’avvocato Luca Fogo, in qualità di presidente dell’associazione “A. Carniel” che gestiva la cassa peota facendo base al bar “Capriccio”, si trova a processo davanti al giudice monocratico Fabio Moretti con l’accusa di appropriazione indebita. Tre le parti civili che si sono costituite nel procedimento con l’avvocato Andrea Angeletti: si tratta di tre persone che hanno versato i soldi nella cassa peota - somme inferiori ai mille euro - e non se le sono viste restituire alla fine del 2012.

Ma ieri in aula alcuni anziani potenziali vittime della cassa peota, sentiti come testimoni, hanno confermato di aver perso anche loro i soldi. «Ci rassicurava dicendo che i nostri denari c’erano, ma erano vincolati», hanno riferito davanti al giudice Moretti, raccontando che avevano atteso invano quei soldi per i regali di Natale ai nipoti. Impossibile quantificare al momento quante potrebbero essere le potenziali vittime di quella che, secondo la Procura, è stata una appropriazione indebita, né l’ammontare totale dei soldi spariti, certamente migliaia di euro.

L’associazione “A. Carniel” era attiva dal 1998 a San Donà ed evidentemente fino al 2012, quando è scoppiato il caso, non aveva mai dato alcun problema per quanto riguarda la cassa peota. I soci versavano una quota settimanale di 8 euro per le attività ludico-ricreative, a cui si sommava una quota di deposito fiduciario decisa direttamente dal singolo socio. Gli interessi venivano utilizzati generalmente per un paio di cene all’anno (con menù all’incirca di 30 euro), organizzate all’insegna dell’allegria e del mangiar bene, e una gita. Tra le mete, l’isola del Giglio e il lago di Garda. Il tutto nell’ottica della cassa peota che è una tradizione molto radicata nel territorio veneto e che prevede alla fine dell’anno la restituzione di quanto versato.

Quando i soci si erano accorti che i loro soldi non sarebbero tornati indietro, erano scattate le diffide. Ma anche di fronte alle proteste, da parte di Carniel non era arrivata alcuna offerta di risarcimento. Per questo le indagini sono andate avanti, fino a che il caso è approdato in tribunale. La prossima udienza è stata fissata il 10 dicembre.

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