Sos anoressia, oltre 600 casi in provincia di Venezia

Convegno all’Ateneo Veneto: si è abbassata l’età media delle vittime, colpite anche a 9 anni

VENEZIA. Hanno solo nove anni, ma sembrano delle “giovani adulte”. Negli ultimi anni la media dell’età di chi soffre di anoressia o bulimia si è abbassata notevolmente. Se un tempo questo delicato disagio psichico sorgeva nel corso dell’adolescenza tra i 15 e i 25 anni, oggi medici e psicologi si ritrovano a curare delle vere e proprie bambine di circa 9 anni.

In provincia di Venezia i casi seguiti dalle varie Asl nel 2015 sono in totale 611, con un picco nel Veneto Orientale e nel Miranese. L’Asl 10 ha infatti preso in carico 414 utenti, contro i 146 dell’Asl 13. L’Asl veneziana segna invece il numero più basso della provincia con 8 utenti, seguita dall’Uls 14 di Chioggia con 19. Questi sono i numeri di chi si rivolge ai servizi, ma in realtà si stima che una ragazzina su dieci abbia un disturbo alimentare e cinque su dieci un problema con la forma del proprio corpo.

Se pensiamo che questo disagio sia soltanto un problema della singola persona, è un errore. Anoressia e bulimia, due facce della stessa medaglia, sono anche un problema della nostra società e dei modelli imposti ai quali le giovani rispondono con un forte no, a costo della loro vista stessa. Di tutto questo se ne è parlato in occasione del convegno «Anoressia. Tra disagio soggettivo e sindrome culturale», svoltosi all’Ateneo Veneto con la partecipazione dei più grandi esperti regionale e nazionali.

«Stiamo creando delle giovani adulte», ha spiegato Marisa Galbussera, responsabile scientifica del convegno e consigliera dell’Ordine Psicologi Veneto, «L’aumento di alcune psicopatologie, come in questo caso i disturbi alimentari, diventa la spia per cogliere alcuni caratteristiche della nostra società. In una società dove regna l’opulenza, perché morire di fame? I loro no ci dicono che c’è qualcosa che a loro interessa di più, tanto da mettere a repentaglio la loro vita». Questo qualcosa è la richiesta di essere amate e riconosciute per quello che sono: «È un no fortissimo», prosegue Galbussera, « che dice anche alla nostra società che c’è qualcosa che non funziona. Una volta casi singoli si registravano nelle mistiche, ma la differenze tra le sante del passato e le anoressiche di oggi è che le prime non curavano il proprio corpo, mentre invece le donne attuali sono completamente immerse nel loro corpo».

Da questa prospettiva il problema delle giovani è anche un richiamo alla politica e all’attenzione tra la cultura e il mondo femminile, a partire dall’età puberale, dato che chi soffre di questo disagio può autodistruggersi fino ad arrivare a pesare meno di 30 chili. Nella nostra cultura l’attenzione al cibo e al corpo, per esempio con i proliferare dei format per la cucina, finisce per sviluppare un’attenzione selettiva su queste tematiche, favorendo l’insorgenza di questi disturbi.

 

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