Soldi e sesso per il permesso poliziotto va a giudizio

Jesolo. Il pubblico ministero ha deciso di saltare la fase dell’udienza preliminare Il sovrintendente Michele Damo accusato di concussione e lesioni volontarie
Di Giorgio Cecchetti

JESOLO. Il pubblico ministero di Venezia Stefano Buccini ha rinviato con giudizio immediato (saltando la fase dell’udienza preliminare) il sovrintendente del Commissariato di Polizia di Jesolo Michele Damo in modo che compaia immediatamente davanti al Tribunale lagunare per rispondere di concussione e lesioni volontarie. Il procedimento per il quale il poliziotto finirà direttamente davanti ai giudici del collegio è quello nato dalle dichiarazioni di una donna ucraina che, dopo aver letto sui giornali, che Damo era stato arrestato per corruzione, si è decisa a raccontare quello che era capitato a lei. Dichiarazioni che sono alla base della seconda ordinanza di custodia cautelare; per la prima, Damo si trova indagato per corruzione assieme ai colleghi Riccardo Chiumento e Denis Gobbato e probabilmente il pm Buccini depositerà nei prossimi giorni gli atti prima di chiedere il rinvio a giudizio dei tre.

Nel 2010, Maria, la donna ucraina che il sovrintendente del commissariato di Jesolo cercava di costringere a pagare 1500 euro per ottenere il permesso di soggiorno, si era presentata negli uffici della Polizia del centro balneare per denunciare quello che le stava accadendo. Aveva parlato con un ispettore il quale, quando aveva saputo che le accuse riguardavano un collega, le aveva spiegato che doveva tornare il giorno dopo per parlare con il dirigente del commissariato. Nell’ordinanza di custodia cautelare per Damo, già arrestato in estate per corruzione e poi scarcerato, poi di nuovo finito in carcere per tentata concussione e lesioni, si legge che Maria tornò in commissariato e parlò con il dirigente, riferendo le molestie del poliziotto, ma non aveva voluto firmare una denuncia. Aveva riferito che aveva una relazione con Damo e dopo che l’aveva lasciato era andato per ben tre volte sotto la casa dove lavorava come badante, tanto che poi l’avevano licenziata. Inoltre la chiamava spesso al cellulare: lei se n’era andata perché lui le chiedeva soldi e una volta gli aveva anche dato 300 euro. Inoltre, pretendeva rapporti sessuali particolari, tanto che era rimasta ferita e aveva dovuto ricorrere alle cure dei medici dell’ospedale, che le avevano giudicata guaribile in 40 giorni. Aveva riferito che lui prima l’avrebbe minacciata, dicendole «stai nei guai» senza permesso di soggiorno e aggiungendo poi «basta pagare e si mette tutto a posto». Damo, pochi giorni dopo il primo arresto aveva confessato di essersi fatto pagare dai 100 ai 200 euro per accelerare una cinquantina di pratiche per il permesso di soggiorno di altrettanti stranieri. Così, venti giorni dopo essere finito in carcere aveva ottenuto gli arresti domiciliari. La seconda ordinanza di custodia cautelare sottolineava che il poliziotto ha tenuto invece ben nascosto il suo rapporto con la donna ucraina. Il pubblico ministero Stefano Buccini, che ha coordinato le indagini svolte dalla Squadra mobile, aveva chiesto di contestare a Damo e a quattro cittadini bengalesi, da tempo residenti a Jesolo e che ora sono indagati per corruzione, anche il pesante reato di associazione per delinquere, ma per il giudice Alberto Scaramuzza, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, non c’erano sufficienti elementi per contestare questa accusa. Per il suo difensore, l’avvocato Rodolfo Marigonda, le accuse lanciate dalla donna ucraina sono inconsistenti.

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